Corriere della Sera - La Lettura
Musulmane ma non sottomesse
Hamid Zanaz offre un’ampia galleria di voci femminili in lotta per i diritti civili, dal Maghreb all’Iran. Noi abbiamo arricchito la sua rassegna con altri volti che dimostrano la vivacità delle donne in rivolta contro l’oscurantismo religioso
«Già nel XII secolo Ibn Rochd (Averroè) attribuiva la stagnazione dei Paesi musulmani alla subordinazione delle donne». Nove secoli dopo è cambiato qualcosa? Se lo chiede Hamid Zanaz, intellettuale algerino, nel suo libro di interviste,pubblicato in Italia da Elèuthera con il titolo La nostra rivoluzione: voci di donne arabe. «No, la voce della donna nel cosiddetto mondo arabo-musulmano non è più una vergogna, nonostante la maggioranza dei musulmani, tuttora impregnati da arcaismi e pregiudizi d’altri tempi, la pensi ancora così», scrive l’ex docente di Filosofia che dal 1993 vive e lavora come giornalista e traduttore in Francia.
Zanaz intervista accademiche, registe, scrittrici — per la maggior parte maghrebine e qualcuna originaria della Siria, dell’Iran, dello Yemen (dunque non tutte arabe) — che contestano una diseguaglianza di genere che ha radici non solo nei dettami religiosi, ma anche nelle tradizioni culturali. Ne abbiamo scelte due (Olfa Youssef e Ola Abbas), allargando però lo spettro geografico anche ad Egitto, Arabia Saudita, Afghanistan, per illustrare problemi e approcci diversi da un Paese all’altro. Alcune di queste donne rifiutano tout court la religione, altre sono esperte di teologia islamica e sfidano dall’interno le interpretazioni patriarcali del Corano e della Sunna (atti e detti del Profeta). Alcune si definiscono femministe, altre non amano questo termine. Molte mettono in discussione il velo in quanto espressione di una cultura della modestia e dell’obbedienza che opprime le donne, ma a volte anche le attiviste che lo contestano sono stanche di parlarne, perché questo aspetto ossessiona gli occidentali al punto che non vedono altro. Alcune dicono che temi come il velo sono usati dall’estrema destra in Occidente per attaccare tutti i musulmani, mentre altre sostengono che «l’islamofobia» è un’invenzione, un pretesto degli islamisti per zittire i loro critici.
Una priorità per tutte sono le leggi inique che, dall’eredità al valore della testimonianza in tribunale, non danno alle donne lo stesso peso che hanno i maschi, e molte premono per una vera separazione tra Stato e religione. È vero che, come sottolinea Zanaz, «in certe regioni sono tenute sotto sequestro in condizioni che richiederebbero l’intervento di Amnesty International! I mariti e i fratelli le chiudono a chiave in casa e se ne vanno a lavorare, o a passeggiare, lasciandole imprigionate». Ma ci sono anche molti casi in cui gli uomini — mariti, padri, fratelli, figli — stanno al loro fianco e (proprio come Zanaz) sostengono le loro battaglie, non solo per i diritti delle donne ma per la democrazia, convinti che tutta la società ne trarrà beneficio.