Corriere della Sera - La Lettura

Lampi di umanità nella macelleria bellica

Il libro di Richard Bausch: uno sparo di troppo cambia il destino di alcuni soldati

- Di MARCO OSTONI

Un colpo di troppo. Sparato per vendetta su una giovane prostituta inerme, colpevole soltanto di trovarsi in compagnia del soldato tedesco responsabi­le della morte dei due militari americani che l’hanno scovato pochi istanti prima sotto la paglia di un carretto trainato da un asino. Un colpo di troppo, esploso una mattina d’inverno del ’44, nei pressi di Cassino, durante l’avanzata alleata, da un sergente cui la guerra ha tolto ogni umanità, e divenuto presto un incubo per il piccolo drappello che ha assistito impotente alla scena e che, invece, a una resi- dua umanità si abbarbica per continuare a dare senso al proprio agire.

Prende le mosse da qui, da un omicidio perpetrato a freddo per mano di un ufficiale dinnanzi ai suoi commiliton­i, il romanzo dell’americano Richard Bausch, uscito nel 2008 e ora ben tradotto in italiano da Martino Adani per i tipi di Fandango/Playground. Quel gesto, all’apparenza «trascurabi­le» nella macelleria di vite che è la Seconda guerra mondiale, si imprime indelebile nella mente dei militari che l’hanno visto compiersi sotto i propri occhi e scava nelle coscienze fino a trasformar­si in ossessione, specialmen­te per tre di loro: i soldati semplici Joyner e Asch e il caporale Marson. Tre giovani che all’indomani della tragedia vengono inviati in avanscoper­ta sulla vicina montagna, guidati da un anziano contadino del posto, per accertarsi della presenza di eventuali retrovie dell’esercito nazista in fuga verso il Nord. La loro è una risalita impervia e faticosa, resa ancor più dura dalle condizioni meteorolog­iche: una pioggia incessante e gelida che sulla vetta si trasforma in neve e che trasforma ogni passo in una piccola impresa di tenacia e ostinazion­e.

In questo scenario, ben tratteggia­to dall’autore nonostante qualche indulgenza eccessiva nelle descrizion­i che rallenta il ritmo della narrazione e, con esso, la sensazione del già lento incedere verso l’alto dei soldati — sta il nucleo forte del romanzo. In una sorte di riedizione fuori tempo del diluvio biblico i tre, che pure sono diversissi­mi per cultura, estrazione, religione (Asch è un ebreo non praticante, Marson un cattolico fervente, Joyner un sempliciot­to imbevuto di un blando antisemiti­smo), scoprono il senso della fratellanz­a nel comune destino di uomini chiamati a rispettare un compito («fai il tuo dovere» è il monito paterno che risuona nella mente del caporale) nonostante le difficoltà. E fanno i conti con il senso di colpa e di impotenza che quell’omicidio a freddo ha lasciato sulla loro pelle, trovando nella decisione di infrangere l’omertà sin lì tenuta la sola via per restare umani anche di fronte al male.

Con uno stile asciutto e nitido, screziato qua e là di venature liriche, Bausch è bravo a scavare nelle paure e nei tormenti dei soldati. Peccato per i già ricordati rallentame­nti; forse la misura breve del racconto — più congeniale all’autore — li avrebbe scongiurat­i.

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