Corriere della Sera - La Lettura
Il commissario Lucas fa le scarpe a Maigret
Ci fu un momento in cui Georges Simenon meditò probabilmente il colpaccio: il clamoroso licenziamento (se non peggio) di Maigret. La mia ipotesi ha una pezza d’appoggio, quasi una prova: un libro, Il Sorcio, pubblicato nel 1938, uno strano romanzo che ha uno swing diverso (americaneggiante, più azione che atmosfera) da quello consueto. Ma è più che strano Il Sorcio, è quasi blasfemo per chiunque osservi i precetti della religione maigrettiana. Il sacrilegio commesso da Simenon consiste in un personaggio, anzi nella sua qualifica. A un certo punto negli uffici del Quai des Orfèvres, il regno di Jules Maigret, si materializza il commissario Lucas. Avete letto bene, il fido ispettore di Maigret gli ha fatto le scarpe. Eccolo che, mentre interroga un testimone, carica la pipa con «aria beota», incerto se accenderla o meno (indecisione che è l’equivalente maigrettiano e tabagistico dell’«Essere o non essere» amletico). Eccolo che sorseggia di gusto una birra (e che birra! quella spumeggiantemente pannosa dell’Hôtel de Castiglione, e non le proletarie birre da brasserie del commissario titolare). Rieccolo interrogare con fare suadente (come dice la canzone di Mina) una donna sola, con figlio a carico, messa a dura prova dalla vita (violando ogni copyright di procedura e policy maigrettiane). Direte che Lucas ha sempre scimmiottato il capo. Ma qui siamo oltre l’imitazione adorante. Siamo al plagio, all’usurpazione! Guardate con quale sfacciataggine l’impostore rumina concetti maigrettiani come se fossero farina del suo sacco: «Lucas pensò con una scrollata di spalle alla sagoma modesta della signora Lognon, al suo cappellino sformato dalla pioggia, ai suoi guanti grigi di filo». (A parte le mie intemperanze da groupie, devo ammettere che, come al solito, anche questo romanzo è molto bello e il supplente se la cava alla grande. Che Jules Maigret, nella sua infinita misericordia, mi perdoni).