Corriere della Sera - La Lettura

La bisbetica domata è un uomo E la disfatta delle donne più amara

In cartellone L’irriverent­e regista Andrea Chiodi debutterà al Lac di Lugano e poi al Carcano di Milano con un ribaltamen­to (secondo una consolidat­a tradizione) shakespear­iano: Caterina sarà l’attore Tindaro Granata, premiato autore di «Geppetto e Geppett

- di MAURIZIO PORRO

Donne travestite da uomini, anche despoti e re, e uomini in vesti femminili anche capriccios­e e lussuriose. La colpa è tutta di Shakespear­e e dei Legnanesi, da una parte la regina Elisabetta (la prima, quella di oggi è di manica più larga), che nel Cinquecent­o non permetteva alle donne di languire sul palco del Globe; e del cardinale Schuster che nel 1946 proibì alle ragazze i varietà dell’oratorio di Legnanello, facendo così nascere l’ultima soubrette camp.

Nella prossima stagione ci sarà una gran confusione di desinenze: le due vecchiette del racconto La vecchia scorticata di Basile, Emma Dante le vede come uomini; lo straniero Medea è Franco Branciarol­i come l’immaginò Ronconi (il grande regista aveva già fatto recitare per sei ore Franca Nuti e altre grandi attrici al maschile in Ignorabimu­s); la regina Riccardo II, come Peter Stein ha voluto la sua consorte Maddalena Crippa, la queen Lear Sax Nicosia e le Nina’s drag queen che hanno già affrontato Cecov e Brecht e oggi espiano isolate in un paesino finlandese, offerto come residenza di prove, l’allestimen­to della famosa tragedia. E la fa- miglia Glejeses, senjor e junior, sarà tutta belletti e rossetti per Le 5 rose di Jennifer di Ruccello. Non è moda passeggera: la mitica Sarah Bernhardt vestì i panni di Amleto e di L’Aiglon di Rostand, ma sconvolgen­do più per l’età che per il sesso. Poi grandi artisti che hanno vissuto en

travesti, da Paolo Poli (la Santa Rita da Cascia che fece infuriare i vescovi) a Lindsay Kemp, mentre ci sono copioni che prevedono ciclicamen­te un eroico martire della virilità come La zia di Carlo o Il

vizietto. Mariangela Melato con un filo di barba faceva una trans in Tango barbaro di Copi, in morbosa coppia con Toni Servillo (e poiché Melato è anagramma di Amleto pensava anche a lui…).

Ora la bella scommessa è quella dell’irriverent­e e talentuoso regista Andrea Chiodi che, col gruppo di Luganoinsc­ena del Lac diretto da Carmelo Rifici, debutterà il 19 dicembre a Lugano e il 7 febbraio al coprodutto­re teatro Carcano di Milano, una Bisbetica domata dove Caterina sarà Tindaro Granata, premiato autore di

Geppetto e Geppetto. Ed è una recidiva perché Chiodi aveva già cambiato sesso a molti personaggi della Locandiera. Vediamo chi scandalizz­a chi. Al Memorial Theatre di Stratford, il 23 aprile 1922, un giovinetto di nome Laurence Olivier affrontava per la prima volta il ruolo della Bisbetica con piume sul cappello: per capire quanto sir William avrebbe gradito basti pensare alla Dodi

cesima notte, basata sul trucco. Tindaro Granata ha in mente signore più vicine, ex bi s bet i c he comela Moriconi e la Taylor nell’allestimen­to dell’assiduo Zeffirelli quando lo chiamavano «Scespirell­i». Ma né Strehler, per esempio, né Zeffirelli hanno mai cambiato il sesso del ruolo, come si faceva nel teatro lirico barocco: Romeo è Romeo, Giulietta è Giulietta. Chiodi invece vede inevitabil­e il clic: «Non facciamo altro che recuperare la tradizione scespirian­a, ci piace l’idea del gioco e del resto il testo è zeppo di travestime­nti ed equivoci: servi che si fingono padroni, ricchi che si fingono poveri, mercanti che si fanno passare per maestri in una “ronde” senza soste».

All’inizio subito un travestime­nto e un ubriaco cui raccontano la storia, il via sublime al teatro nel teatro: senza contare infinite glosse sulla matrice del testo che si pone tra il 1593-94, dopo Tito Androni

co e prima di Romeo e Giulietta, ma con altri incunaboli simili, pagine e radici perse nel Rinascimen­to italiano, un gioco eternament­e sfruttato da Ariosto fino al varietà. E La bisbetica fu così popolare che scrissero un sequel con Petruccio ve---

All’inizio sono stati il Bardo e, un po’ meno e un po’ dopo, i Legnanesi. Elisabetta I proibì alle donne di recitare; il cardinale di Milano Schuster vietò alle ragazze i varietà dell’oratorio di Legnanello. Perciò ci si dovette arrangiare

dovo vessato da una nuova moglie, e un remake scozzese. Il Petruccio d’oggi (ce ne fu anche uno nazista) è un ottimo e aitante attore dell’Elfo, Angelo di Genio, acclamato figlio del Commesso viaggia

tore: «È una sfida, so solo che io e Caterina sembriamo pazzi ma siamo in fondo quelli che lo sono meno».

Da questa commedia che nasconde un doppio fondo («c’è una violenza pazzesca nei rapporti») sono stati tratti una ventina di film, compreso Il bisbetico domato con Celentano. Nel ruolo maschile si son o ci m e n t a t i O ’ To ol e (c o n Pe g g y Ashcroft), Ricci, Ferzetti, Mauri, Salerno, Branciarol­i, Burton (con Liz), Douglas Fairbanks (con Mary Pickford) e il virile Amedeo Nazzari (con Lilia Silvi) nel film del ’42 di Poggioli cui il regime aveva tolto Shakespear­e, colpevole nome inglese. E Cole Porter scrisse la sua più bella partitura per il musical Kiss me Kate. Baricentro è il monologo finale di Caterina che accetta il marito despota, inaugurand­o le umiliazion­i delle infelici, umiliate case di bambole: «Non è solo questo, la sottomissi­one dell’innamorata che accetta le condizioni borghesi — dicono il regista e la moglie Angela Demattè, anche ridutto- ri e traduttori del testo —. C’è che questa tirata detta da un uomo acquista un grottesco, amaro, struggente valore aggiunto, proiettato sull’oggi proprio perché pronunciat­a da una voce maschile».

Andrea Chiodi, dato che nel testo si parla di caccia e cani, ha avuto l’idea di citarli spesso — in scena userà ciotole e guinzagli — per rendere chiaro che gli uomini sono simili ai cani, tanto che avranno maschere canine. «Si parla di educare e addomestic­are una donna come fosse un animale, in uno spazio scenico vuoto, forse una palestra, solo con tre alte sedie da arbitro. Comandano parole e relazioni, finzioni, imbrogli e i travestime­nti per mostrare come ci si ribella alla convenzion­e. E con gli attori, otto tutti maschi, quindi anche la sorella Bianca e le amiche sono maschi, noi siamo un gruppo, una famiglia il cui padre putativo è Rifici e ogni giorno ci conosciamo meglio di ieri e meno di domani».

Nel cast due bravi allievi appena diplomati dalla scuola Ronconi, Ugo Fiore e Walter Rizzuto, oltre a Christian La Rosa, ex Pinocchio di Latella. «E dato che siamo una squadra li ho immaginati giocatori di basket, ognuno con maglietta e un numero sulla schiena, pronti alla partita. Per il resto l’uniforme sarà un costume di velluto nero meno che per Caterina». Si è anche lavorato sulle radici etimologic­he del testo, valorizzan­do la terminolog­ia originale legata alla strega, vedi «portarla sul carro», parla di Caterina come cursed, indemoniat­a, aggettivo da film horror. «Misoginia? Forse. Mi piace la profondità e la modernità con cui Shakespear­e, anche nei poemetti coevi, legge l’animo femminile, una donna che si rende conto di non poter fare a meno del suo ruolo sociale, che non accetta il digiuno dal maschio, oltre ogni stereotipo».

È una lettura che aiuta straniamen­ti, come Filippo Crivelli aveva fatto con le 12

Cenerentol­e, ma cita anche Girard che ha scritto un libro su Shakespear­e ( Il teatro dell’invidia) leggendo nei Due gentiluo

mini di Verona l’amore di due uomini per la stessa donna: ma quando l’affetto di uno cede, anche l’altro va a ruota perché entrambi vogliono amare lo stesso oggetto di desiderio. Sembra che abbia anticipato il discorso sui neuroni specchio. Che comunque la commedia, con qualunque abito, sia un capolavoro, lo dimostra il testo: «Prova a leggere il finale — dicono Chiodi e Demattè — quando dice che i nostri corpi sono troppo delicati, deboli, lisci, inadatti a tribolare nel mondo…».

In programma una gran confusione di ruoli: le due vecchiette del racconto «La scorticata» di Basile, Emma Dante le vede come uomini; Medea è Franco Branciarol­i; Riccardo II è Maddalena Crippa; e poi la regina Lear...

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