Corriere della Sera - La Lettura
Ha solo due stagioni: non fidatevi della Versilia
Noir e oltre Sfruttando le ambientazioni a lui familiari Giampaolo Simi parte da un delitto remoto per superare i limiti di un genere e raccontare il fatale anno 1993
Ancora una volta la Versilia, ancora una volta una storia con delitto. Giampaolo Simi di Viareggio sa muoversi molto bene sulla scena del crimine. In Cosa resta di noi, Premio Scerbanenco 2015, c’ era Viareggio nella stagione morta, quando l’estate è finita, chiudono i bagni e chi resta lavora a riparare, coprire, attrezzare le strutture che dovranno fra un anno essere perfette e funzionanti. Allora, in quei mesi di silenzio, una donna, Anna, scompariva nel nulla.
Ora ne La ragazza sbagliata, nella settimana di Ferragosto del 2016, ci si torna a occupare di una ragazza, Irene Calamai, scomparsa e poi ritrovata morta nell’estate del 1993. Nora Beckford, figlia di un artista inglese proprietario di una rocca sui contrafforti delle Apuane, è uscita di prigione: condannata per aver ucciso Irene, ora torna in Versilia per allestire una grande mostra delle opere del padre, morto mentre lei era in carcere. E subito la notizia riac- cende le morbose curiosità di allora, e fa riapparire fantasmi inquietanti. Per questo torna anche Dario Corbo, che all’epoca, giovane cronista alle prime armi, seguì la storia di Irene. Via via, un articolo dopo l’altro, finendo per convincersi e convincere i lettori della colpevolezza di Nora, che avrebbe ucciso per gelosia Irene che le voleva rubare il fidanzato. Un editore ha cercato Dario, promette un forte anticipo per un libro che ribalti la sentenza di allora. Senza più lavoro, separato dalla mo- glie, sfrattato di casa, Dario Corbo non può non accettare. E comincia così a porsi domande che allora non aveva considerato.
Se Cosa resta di noi si collocava ai margini estremi del genere noir, anche La ragazza sbagliata, pur somigliando alle storie dei cold case, i casi di delitti insoluti riaperti molti anni dopo, in realtà vuole essere un racconto diverso. Come se Simi non si accontentasse più di indagini su crimini privati, della ricostruzione di una verità vera o presunta tale ma pur sempre limitata a destini individuali. Qui, insomma, non è in gioco solo un delitto (immaginato) del 1993, quello che interessa a Simi è la memoria di quell’anno. La fiction di Irene e Nora serve così a riaprire la storia vera di un anno terribile. Quello delle bombe della mafia (Firenze e poi Milano e Roma), dei suicidi di Mani pulite (Cagliari, Gardini), di un Paese che sembrava andare in pezzi.
Allora, il giovane cronista che tutti i giorni piazzava i suoi articoli sulla prima
pagina del quotidiano locale, non aveva tempo per rendersi conto di ciò che in Italia stava accadendo. Tutto preso dalla sua indagine, si dimenticava dell’assalto allo Stato da parte della mafia. Che l’anno prima in Sicilia aveva ucciso Falcone e Borsellino con le loro scorte, e ora portava la guerra sul continente. E non pensò mai che forse la morte di Irene, più che con la gelosia di Nora, poteva aver a che fare con un segreto molto più grande.
A corredo dei ricordi di quel biennio 1992-93 Simi presenta anche altri dettagli, fatti veri che danno spessore e profondità alla storia di fiction. Così ecco Quentin Tarantino a Viareggio (dove per qualche anno si teneva il Festival del Noir) con il suo film Le iene. In un ristorante sulle colline qualcuno molto fortunato ha visto insieme Fabrizio De André e Ivano Fossati che stanno preparando Anime salve, quello che doveva essere l’ultimo album di Faber. Nel Giardino di Boboli a Firenze viene nascosto in una siepe un proiettile inesploso di un’arma da guerra: era un avvertimento della mafia, ma sarà scoperto troppo tardi.
Grazie a questi tasselli la memoria sbiadita di 23 anni prima riprende consistenza, fino a costituire una scena di fatti e personaggi veri, lo sfondo per un delitto privato e di invenzione, ma insieme il contesto in cui si preparava un vero tentativo di sovversione totale. E Simi in qualche modo invita i suoi lettori a rivedere con chiarezza quello che stava per succedere allora, così come — e qui subentra la fiction — il giornalista Dario Corbo è costretto a rileggere quel passato allargando la visuale oltre il giallo della povera Irene.
Rischia, Simi, in questo modo di scontentare certi lettori affezionati alle regole e disorientati di fronte all’irrompere della storia italiana recente in un noir d’invenzione. Ma anche i lettori più tradizionali non potranno non apprezzare il paesaggio dei romanzi di Simi, una Versilia inquietante, un luogo dove le persone spariscono (anche se non è mai citato, Ermanno Lavorini è un’ombra molto presente: il corpo del ragazzino di Viareggio fu ritrovato a Marina di Vecchiano nel 1969, un mese dopo la sua scomparsa), da dove chi può fa bene ad allontanarsi, ma quando torna è come se fosse sempre rimasto lì, con le cose che accadono senza spiegazioni, con il destino che prima sembra favorevole e poi, senza un vero perché, ti frega e ti rovina. Fra gli ombrelloni dell’estate e i carri del Carnevale di Viareggio, questa Versilia che conosce solo due stagioni, che oltre la lunga striscia di sabbia e di pinete nasconde boschi e rocce dell’interno, luoghi carichi di disagio e di malessere, questo paese i cui abitanti non vanno mai in vacanza è il segno di riconoscimento di un narratore di talento, a cui da tempo i canoni dei generi stanno stretti. E che ha la giusta ambizione di liberarsene per scrivere un vero romanzo. Come questo.
Misteri Una scarcerazione riporta d’attualità un caso che il protagonista, un tempo giovane cronista, aveva seguito. Ma senza capire