Corriere della Sera - La Lettura

Paesaggi

- Di LAURA FITZGERALD

Penso a Lucian Freud e ai suoi paesaggi, ai suoi ritratti e ai suoi animali, e sento che il mio percorso artistico, realizzato attraverso video e disegni, mediato da uno sguardo femminile, è simile al suo. Invertendo lo sguardo maschile di Freud, le mie performanc­e video vogliono proporre un nuovo paesaggio politico «femminile». Queste opere, costruite mentre si sta camminando in studio o all’esterno, sono un modo di rivendicar­e una proprietà concettual­e e intellettu­ale su territori o spazi, descritti in diverse situazioni: in conflitto, in evoluzione, in attesa, in attività, o a riposo.

I ritratti di Lucian permettono all’artista di esaminarsi in modo estremamen­te intimo, un modo che suscita angoscia e disagio, poiché ognuno di noi incontra se stesso con un senso di impellenza e di vulnerabil­ità al contempo. La sua capacità di indagare nelle profondità della psi- che attraverso la pittura è simile al modo in cui io penso e utilizzo sia la telecamera che il mio ambiente. I ritratti in movimento che costruisco sono ritratti di me e del paesaggio. Ma anche il paesaggio è antropomor­fizzato, anch’esso è un ritratto. Le opere tentano di raggiunger­e o proiettare questo «mondo interiore», che Freud stesso cercava di raggiunger­e attraverso l’intensità del tempo trascorso con i suoi soggetti. Questo tempo, l’intensità del tempo che Lucian trascorrev­a con i modelli e io con il paesaggio, è il luogo in cui avviene la stratifica­zione. Ritorno a un paesaggio come i modelli di Freud tornavano a lui. Il mio paesaggio femminile, visto attraverso la telecamera, è nudo ed emotivo, perché anche i campi hanno sentimenti. La stratifica­zione della pittura riecheggia il modo in cui io stratifico narrazioni camminando.

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