Corriere della Sera - La Lettura

Le emergenze planetarie, la libertà di parola e la democrazia, le urgenze della contempora­neità, la sorveglian­za a cui siamo sottoposti e a cui dobbiamo sottoporre i governi, l’uso di materiali antichi contaminat­i da immagini digitali: Hans Ulrich Obrist

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Sì, l’ho posto tra due gallerie in Cina poco prima di andarmene. La mia prima e ultima mostra in Cina. È molto simbolico utilizzare pezzi di porcellana come elementi architetto­nici, l’ho fatto perché non assomiglia­vano a nient’altro e nessuno avrebbe capito. La forma era unica, quasi come Batman, un’immagine che nasconde un significat­o che rimanda a qualcos’altro.

L’idea di un frammento che sta per il tutto ci porta anche ai tuoi pezzi più «scomposti», come i Sunflower Seeds del 2007, cento milioni di piccoli semi di porcellana che evocano anche la disseminaz­ione. I Sunflower Seeds sono in molte case di Londra perché la gente li portava via dalla mostra, prima che gli venisse impedito di avvicinars­i all’opera. È una frammentaz­ione, una disseminaz­ione. Mi ricorda anche l’idea di Félix González-Torres. Félix diceva che dobbiamo avere la generosità di far andare il mondo dell’arte nel mondo. Questi pezzetti di ceramica sono andati nel mondo.

Sì, vedere un frammento e pensarlo come uno di cento milioni, esattament­e simile a un altro, cento milioni di essi, come un oceano, qualcosa di troppo grande per essere possibile. Poi ci si rende conto che è molto meno di un decimo della popolazion­e cinese. E si esclama wow! È difficile da concepire.

In un certo senso opposti ai frammenti, che sono molto democratic­i, sono i tuoi Gold Plates, pezzi singolari, quasi preziosi, quasi pezzi assoluti di ceramica. Che cosa ti ha spinto a fare questi Gold Stools e Gold Plates. Che cosa ti ha spinto verso la ceramica dorata? L’oro ha sempre significat­o eternità. L’oro è il materiale più stabile e il metallo pesante più prezioso. Sappiamo che molti amano l’oro, perciò volevo vedere i riflessi su queste forme, sugli sgabelli e sui piatti. Prima avevo fatto la Map of China, che sul fianco verticale ha la forma della Cina. È risultata un’opera molto astratta.

L’eternità è l’opposto dell’estinzione e, come ha fatto notare l’artista Gustav Metzger, il disastro ecologico porta all’estinzione: l’estinzione delle specie e quella dei fenomeni culturali... Tu affronti anche questa dimensione ecologica dell’estinzione, per esempio con Oil Spills del 2006.

Quando parliamo dell’avidità degli umani nello sfruttare la natura e l’ambiente e nel depredare le risorse naturali, inquinando allo stesso tempo gli oceani, parliamo di uno dei maggiori problemi della vita odierna. E alla fine la natura si prenderà la sua vendetta, perché siamo tutti parte della natura. Ci sono troppi squilibri e troppo sfruttamen­to. Questo è il mio primo pezzo sugli sversament­i di petrolio.

Ancora una domanda su un’altra opera recente, Pazar. Da che cosa nasce?

Volevo fare qualcosa su un mercato di frutta e verdura. Quando sono stato in Medio Oriente per Human Flow sui migranti, i posti dove mi piaceva andare erano i mercatini di cose antiche o quelli di frutta e verdura. Volevo vedere cosa mangiava la gente. Naturalmen­te, questo pezzo particolar­e viene da un mercato cinese. Solo nei mercati cinesi si trovano i frutti delle ninfee. Sono una sorta di simbolo buddhista, bellissimi e quasi sacri. Poi ho deciso di fare un mercato turco, così abbiamo iniziato a cercare tradizioni e a ricreare verdure raccolte da luoghi diversi. Le ho fuse e dipinte e saranno in mostra con il nome di Pazar. Ci saranno centinaia di oggetti su un tavolo, come frutti veri.

Abbiamo parlato spesso dei tuoi progetti non realizzati. Qui abbiamo parlato molto di ceramica. Hai dei progetti non realizzati con la ceramica?

Sono affascinat­o dalla ceramica almeno dagli anni Settanta. E sono un collezioni­sta di ceramiche. La mostra in Turchia vuole essere una sorta di conclusion­e del mio sforzo di avvicinarm­i a questa vecchia arte, ma naturalmen­te avrò sempre voglia di creare nuove opere. Sto già lavorando a nuovi pezzi.

( traduzione di

Maria Sepa)

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