Corriere della Sera - La Lettura
Siamo figli di tre migrazioni (e l’etnia dei Celti non esiste)
Quanti nel mondo di oggi vivono lontani dal Paese che li ha visti nascere? Sono 250 milioni ma nel 1960 non arrivavano a 80 milioni. E più si approfondisce questo fenomeno più ci si rende conto che parole come «etnia» o « identità nazionale» non hanno senso dal momento che ciascuno di noi deriva da gente che ha lasciato le proprie terre per trasferirsi altrove.
Perciò quella che qualcuno considera la propria identità, altro non è che l’identità dei migranti di migliaia di anni fa che mettevano radici nelle aree che occupavano e si accoppiavano con i discendenti di altri migranti arrivati prima di loro.
Quasi tutti gli europei di oggi, tanto per fare un esempio, sono il risultato di tre grandi migrazioni, la prima risale a 19 mila-14 mila anni fa quando si ritirarono i ghiacci. Quei migranti venivano dalle regioni mediorientali che oggi chiamiamo Siria, Iran, Iraq, erano cacciatori-raccoglitori e arrivati in Europa si sono mescolati con i discendenti di una migrazione precedente. La seconda grande migrazione è più recente, si fa per dire, e risale a novemila anni fa; questi erano agricoltori dell’Anatolia (Asia Minore) che arrivarono prima in Germania per poi raggiungere la Svezia e spingersi a Sud fino in Sardegna. Quei migranti avevano occhi e capelli scuri proprio come i sardi di oggi che, per l’appunto, hanno più Dna proveniente dagli agricoltori dell’Asia Minore di chiunque altro in Europa. Come lo sappiamo? Perché gli scienziati hanno imparato a estrarre il Dna dalle ossa di gente vissuta anche migliaia di anni fa e poi perché disponiamo di tecniche che consentono di analizzare isotopi radioattivi come stronzio e ammonio che si rinvengono dalle ossa ma anche dai denti. Insieme, queste tecniche ci hanno aiutato a capire come al mondo «etnie» relativamente pure non ce ne siano, con un’unica eccezione, quella degli aborigeni dell’Australia. Ma come la mettiamo con i baschi del Nord della Spagna che pensano da sempre di non avere niente a che fare con gli europei e di non essere stati contaminati da migrazioni? Fino a poco tempo fa in base ai reperti archeologici disponibili sembrava che fosse davvero così, salvo che qualche mese fa un genetista di Uppsala, Mattias Jakobsson, ha scoperto che il Dna dei Baschi non è poi tanto diverso da quello degli altri europei, con influenze molto chiare delle popolazioni di pastori Yamnaya delle steppe del Nord del mar Nero che cinquemila anni fa hanno lasciato il loro habitat per trasferirsi da noi (terza migrazione).
Avevano buoi e pecore e sapevano addomesticare i cavalli, e la cosa più intrigante — pubblicata poco tempo fa da un paleogenetista di Copenaghen, Eske Willerslev — è che quei migranti erano quasi tutti maschi. Come si può immaginare quegli uomini sposarono le figlie degli agricoltori del luogo che poi venivano sepolte con i loro uomini; i ritrovamenti tombali hanno dato informazioni preziose su chi sono davvero gli europei (sappiamo per esempio che l’altezza per molti di noi viene da geni degli Yamnaya, se non fosse per loro saremmo tutti di statura piu’ bassa). E ci hanno aiutato a risolvere persino il dilemma dei baschi che di Dna derivato dagli Yamnaya ne hanno meno degli altri europei, ma ne hanno anche loro un bel po’ e questo è ormai fuori discussione.
Fino a poco tempo fa erano le antiche leggende che contribuivano a formare il sentire comune sulle «etnie» : si racconta per esempio che gli irlandesi deriverebbero da popoli provenienti dalla Spagna e a conferma di questa teoria si cita il caso degli «irlandesi neri» con capelli, occhi e cute scura che non avrebbero niente in comune con gli inglesi. È suggestivo, ma non è vero. Walter Bodmer, genetista di Oxford che ha coordinato un enorme stu-