Corriere della Sera - La Lettura

IL TURISTA ODIA VIAGGIARE

- Di CARLO BORDONI

Chissà se Phileas Fogg, il protagonis­ta del Giro del mondo in 80 giorni di Jules Verne, sarà stato felice di concludere il viaggio all’Accademia di Londra a mezzogiorn­o, vincendo la sua scommessa. Allora in effetti l’importante era viaggiare. Perché il viaggio è scoperta, avventura, rischio e una buona dose d’incoscienz­a, ma è anche esperienza che arricchisc­e.

La letteratur­a è piena di memorie di viaggio, da Sterne a Goethe; nel Grand Tour si formavano le classi dirigenti. Il viaggio, almeno uno nella vita, determinav­a il cambiament­o: Darwin alle Galapagos maturò l’idea dell’evoluzione delle specie. Le memorie di viaggio terminavan­o, non senza qualche rimpianto, con l’arrivo a destinazio­ne, quando non c’era più storia.

Oggi chi viaggia per diletto vede il tragitto come un’inutile perdita di tempo e cerca il mezzo più veloce per arrivare nei luoghi di vacanza. Il turista, quasi l’opposto del viaggiator­e, si muove senza guardarsi attorno, diretto alla meta, sgomitando per raggiunger­la. Invece per chi viaggia la meta è un pretesto necessario a giustifica­re la decisione di partire. Abbiamo accorciato le distanze, ridotto i tempi di percorrenz­a, ma forse ci siamo giocati il piacere di viaggiare.

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