Corriere della Sera - La Lettura
IL TURISTA ODIA VIAGGIARE
Chissà se Phileas Fogg, il protagonista del Giro del mondo in 80 giorni di Jules Verne, sarà stato felice di concludere il viaggio all’Accademia di Londra a mezzogiorno, vincendo la sua scommessa. Allora in effetti l’importante era viaggiare. Perché il viaggio è scoperta, avventura, rischio e una buona dose d’incoscienza, ma è anche esperienza che arricchisce.
La letteratura è piena di memorie di viaggio, da Sterne a Goethe; nel Grand Tour si formavano le classi dirigenti. Il viaggio, almeno uno nella vita, determinava il cambiamento: Darwin alle Galapagos maturò l’idea dell’evoluzione delle specie. Le memorie di viaggio terminavano, non senza qualche rimpianto, con l’arrivo a destinazione, quando non c’era più storia.
Oggi chi viaggia per diletto vede il tragitto come un’inutile perdita di tempo e cerca il mezzo più veloce per arrivare nei luoghi di vacanza. Il turista, quasi l’opposto del viaggiatore, si muove senza guardarsi attorno, diretto alla meta, sgomitando per raggiungerla. Invece per chi viaggia la meta è un pretesto necessario a giustificare la decisione di partire. Abbiamo accorciato le distanze, ridotto i tempi di percorrenza, ma forse ci siamo giocati il piacere di viaggiare.