Corriere della Sera - La Lettura
Il passato si rimette a parlare
Jacobo Cortines e la consapevolezza della tradizione
La memoria è tutto per un poeta come l’andaluso Jacobo Cortines: memoria della tradizione, quella che rimonta ai classici latini e poi a Petrarca (da lui tradotto in castigliano) e ai maestri del Cinque e Seicento spagnolo. Autore raffinato e colto, Cortines (Lebrija, 1946) si immerge nella lingua poetica come nel suo elemento. Non per calcare luoghi comuni preziosi e inerti, ma per rianimarli di un soffio di desiderio. La carriera di Cortines, ripercorsa nell’antologia Passione e paesaggio (Poesie 19742016) a cura di Matteo Lefèvre (Elliot), procede in effetti verso una progressiva riconquista della verità della parola letteraria.
Il motto già pronunciato, il discorso della tradizione devono tornare a parlare. Non basta ribadirli, serve farli scendere nell’incandescenza della propria storia, riviverli. Perciò i testi maturi del poeta, superata la levigatezza degli esordi, assomigliano a dei sogni progettuali, insieme letterari e vitali.
Palmo a palmo il nome e lo spazio degli avi (familiari e poetici) va rifatto proprio. Allora, al culmine di una ricerca del sé che si somma alla vicenda di chi ci ha preceduto («Tu chi sei? Noi chi siamo? […]», scrive nell’epistola in versi al padre), la parola si libera in una sorta di religio tutta umana e trepidante: «[…] Perché se sono stato, sono parte/ dell’eterno. Questo è il mio paradiso, non il mio inferno. Posso dirlo:/ sono stato, sono, e in silenzio sarò in nuova musica».