Corriere della Sera - La Lettura
L’uovo del Pontormo I segreti della Deposizione
Il capolavoro del Rinascimento fiorentino sarà in mostra a Palazzo Strozzi insieme a opere di Michelangelo, Giambologna, Bronzino e altri. Ecco com’è andato l’intervento di recupero Il restauro svela la tecnica utilizzata per la tavola: albume e bianco d
Giorgio Vasari li criticò, quei colori. Non gli piacque quella tavola d’altare tenuta per troppo tempo in gran segreto, che un pittore geniale quanto promettente, quale stimava essere stato in gioventù Jacopo Carucci (o Carrucci, meglio conosciuto come il Pontormo), aveva realizzato per la Capella Capponi nella chiesa di Santa Felicita a Firenze, appena attraversato Ponte Vecchio. Forse quel Trasporto di Cristo, poi passato nei manuali di storia dell’arte come la Deposizione (1526-1528), era troppo innovativo per i gusti del tempo, almeno stando alle parole del celebre storiografo e biografo aretino nonché pittore egli stesso.
Non gli piacque il risultato, a dir poco bizzarro, di quella pittura i cui colori acidi sembrano liquefarsi in uno spazio inesistente «per ciò che pensando a nuove cose, la condusse senz’ombre e con un colorito chiaro e tanto unito, che a pena si conosce il lume dal mezzo (le mezzetinte, ndr) et il mezzo dagli scuri». Non certo quindi secondo la rigida «maniera» del tempo, la forma mentis accademica, e quindi vasariana.
Fa un certo effetto pensare che sarebbero state invece proprio quelle rivoluzionarie cromie, realizzate con maestria e tecni- ca, a consacrare in eterno la Deposizione. Un’opera che oggi, dopo un accurato restauro giunto a conclusione, si è scoperto non essere stata dipinta a olio, secondo la tecnica tradizionale e come gli storici dell’arte hanno sempre ritenuto.
«Attraverso una serie di indagini diagnostiche e di analisi chimiche condotte da Mirella Baldan nel laboratorio R&C Art di Vicenza — afferma Daniele Rossi, il restauratore che da marzo sta lavorando sull’opera nel suo studio di Firenze insieme all’assistente Gloria Verniani, sotto la guida di Daniele Rapino, storico dell’arte della Soprintendenza del capoluogo toscano — abbiamo individuato i pigmenti e i leganti che Pontormo ha usato per dipingere. L’artista, per creare questo cromatismo che oggi ha riacquistato una leggibilità e un vigore impressionante e sconvolgente, non ha dipinto a olio come si credeva fino ad ora. Ha usato invece la tempera a uovo, ovvero ha impastato i pigmenti e le polveri con le uova fresche, mescolando ad esempio l’albume con il bianco di piombo, vale a dire la biacca, per dipingere le trasparenze in maniera più lieve dove gli serviva per rendere gli incarnati più chiari. Non sappiamo il luogo preciso dove abbia dipinto questo grande tavolato in legno di pioppo, congiunto da sette assi verticali e tre traverse di larice, ma siamo sicuri che Pontormo aveva a disposizione uova fresche tutti i giorni. Una tecnica an-