Corriere della Sera - La Lettura
LE ROTTE DEGLI SCHIAVI E IL PATRIMONIO DI TUTTI
Naturale associare Soyinka al jazz: la sua Nigeria è al centro di quel golfo da cui per tre secoli partì la tratta degli schiavi che ha fatto la storia delle Americhe e creato l’enorme ricchezza delle tante musiche e culture afroamericane. Ma il jazz è altra cosa rispetto alla musica prodotta dall’Africa, come è altra cosa rispetto alla musica europea (quale, poi?). Però proprio dalla Nigeria venne un impulso importante per il jazz contemporaneo: alla fine degli anni Cinquanta il percussionista Babatunde Olatunji ebbe successo negli Usa riproponendo brani della sua tradizione e molti jazzisti di primo piano, da Max Roach a John Coltrane, ne furono influenzati. L’«africanismo» nel jazz moderno, fra hard bop e free jazz, nasceva qui, e se ne abbeverarono gli stessi musicisti africani. Vent’anni dopo il cerchio si chiudeva con l’abbraccio in musica fra il trombettista dell’Art Ensemble of Chicago, Lester Bowie, e il cugino di Soyinka, Fela Kuti.