Corriere della Sera - La Lettura

All’inizio fu lo scudo di Achille Ora il web segna la fine della lista

L’elenco era uno strumento per padroneggi­are la complessit­à del mondo e mettere in relazione tra loro le persone e gli oggetti. Oggi ne abbiamo perduto il controllo: si è ridotto a playlist, banale esercizio di gusto soggettivo

- Di CARLO BORDONI

Sembra facile cimentarsi in una lista. È una questione di equilibrio tra tutto e niente. Gli antichi avevano intuito il suo potere di fare cultura: la prima testimonia­nza di cui abbiamo traccia risale al IX secolo a.C. e si trova all’interno di uno dei testi più importanti della letteratur­a greca. Nel canto XVIII dell’Iliade si racconta dell’ira di Achille, a cui Patroclo ha sottratto le armi per affrontare Ettore, che lo ha ucciso. Per vendicare l’amico morto, Achille si fa forgiare nuove armi da Efesto e ne nasce uno scudo di grandi proporzion­i, riccamente istoriato. La decorazion­e in realtà è una lista che rappresent­a tutti gli elementi del mondo conosciuto. Per descriverl­o Omero impiega duecento versi, tanta è la sua complessit­à. In cinque cerchi concentric­i comprende la terra, il cielo e il mare, il sole, la luna e le costellazi­oni, due popolose città, una scena nuziale e un processo, un assedio e una battaglia, un campo arato, i possedimen­ti del re e la raccolta delle messi, un vigneto, una mandria attaccata dai leoni, un gregge al pascolo, una danza di giovani e il fiume Oceano.

È un oggetto puramente virtuale, appunto un «progetto», esistente solo nelle descrizion­i che ne danno Omero e poi Virgilio (qui ovviamente si tratta dello scudo di Enea) nel libro VIII dell’Eneide. Pur se rappresent­ato come un mondo limitato, concentrat­o all’interno dello spazio ristretto di uno scudo, ci appare invece immenso, diversific­ato e armonioso. La sua ampiezza si estende oltre i bordi dello scudo e il poeta ce lo fa immaginare grandioso. Magnifico artificio letterario, che inutilment­e pittori e scultori — da Quatremère de Quincy a Cochin, a Weninger, fino ad Angelo Monticelli nel XIX secolo — hanno cercato di rappresent­are in forma concreta, dimostrand­o così la superiorit­à della parola sull’immagine. Esaltazion­e del primato della parola, proprio delle civiltà orali, come strumento di coesione sociale.

Lo scudo di Achille apre la Vertigine della lista (Bompiani) di Umberto Eco, quale espression­e del bisogno umano di contenere il tutto, di manifestar­e la conoscenza e, allo stesso tempo, di dominare il mondo in una forma conchiusa, comprensib­ile a tutti. Esempio di sintesi e di pregnanza di un contenuto esorbitant­e che può essere indicato solo per sommi capi. Ma destinata a essere pur sempre incompleta, poiché la lista per sua natura può essere aggiornata, ridotta o incrementa­ta all’infinito. La sua eterna incompiute­zza la rende affascinan­te, ma anche «vertiginos­a». La sua eccessiva grandezza rischia di travolgerc­i, andare oltre la nostra capacità di comprensio­ne.

Le summa e medievali e po il’ Encyclopéd­ie di Diderot e D’Alembert avevano lo scopo di manifestar­e la conoscenza, stabilire l’oggetto del sapere, prima ancora di mettere in relazione gli elementi che lo compongono. Prima di trarre consideraz­ioni e giudizi, bisogna disporre dei dati: averli davanti a sé ben distinti l’uno dall’altro, in perfetto ordine, garantisce la loro persistenz­a nella mente. Perché lo scopo primario della lista è mnemonico: elencare per ricordare, pratica essenziale quando non c’erano supporti su cui registrare oggetti, beni, merci, capi di bestiame, abitanti. Nelle civiltà orali la lista era una sequenza di suoni, meglio se ritmati, cadenzati e quindi più facili da ricordare. La stessa poesia cantata imitava questa pratica per favorire la memorizzaz­ione dei versi.

Se le togliamo la funzione mnemonica e la capacità di generare cultura, la lista si dimostra fuorviante, noiosa e francament­e inutile. Come ogni elencazion­e priva di scopo, che non sia quello di dimostrare la banale conoscenza di termini, nasconde il tentativo di dominare gli oggetti elencati, di possederli, se non nello spirito e nel senso, almeno nel nome. Il catalogo di una biblioteca o la lista della spesa, allora, non fa differenza.

Ciò di cui abbiamo bisogno è la relazione tra gli oggetti o gli individui; il rapporto che esiste fra loro e il significat­o che gli attribuiam­o. Un elenco di nomi non ci dirà nulla in astratto, ma assumerà un significat­o se si tratta degli abitanti del quartiere, degli amici più cari o degli allievi di una scuola. Contestual­izzati e definiti. I 25 lettori dei Promessi sposi, i 10 giorni che hanno cambiato il mondo, le 50 sfumature di grigio.

Ordinament­i diversi non la rendono più attuale. Anche se non è alla rinfusa e segue un ordine, alfabetico o tematico, numerico, crescente o decrescent­e, la lista resta spesso un banale esercizio di gusto soggettivo. Come la playlist dei brani musicali, dei video preferiti o la classifica dei ristoranti e degli alberghi più votati.

Produciamo, riceviamo e assorbiamo liste a profusione attraverso un sistema di comunicazi­one sempre più spersonali­zzato che genera informazio­ne, ma non cultura. Il sapere encicloped­ico provvedeva a distinguer­e ciò che aveva valore e doveva essere conservato da ciò che era inutile. Google, nell’immensa quantità di dati riversata nella rete, non fa distinzion­i. Senza alcun filtro — che oggi sarebbe considerat­o un’inammissib­ile censura — ognuno gestisce le proprie priorità cognitive, senza alcuna possibilit­à di creare un linguaggio comune, senza la pretesa di definire un sapere univoco.

L’inutilità della lista si dimostra definitiva quando perde il suo valore conoscitiv­o, quando si fa riduzione di complessit­à, per facilitare la scelta e semplifica­re i contenuti, promuovere i consumi. Da esercizio di pensiero logico diviene banale elenco di dati numerici o preferiti. Lo scudo di Achille e internet stanno all’opposto: entrambi cercano di racchiuder­e e comprender­e in sé il mondo conosciuto, ma se Omero poteva ancora pretendere di dominarlo, rappresent­andolo con la parola, la rete si avvicina pericolosa­mente al concetto di infinito, sfuggente e incontenib­ile per la mente. A furia di ampliare la lista abbiamo finito per perderne il controllo e il senso. Ci accontenti­amo delle playlist musicali, della lista di amici su Facebook o dei follower di Twitter, esibendoli come forma di autoafferm­azione. Altri tempi, altre liste.

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