Corriere della Sera - La Lettura
All’inizio fu lo scudo di Achille Ora il web segna la fine della lista
L’elenco era uno strumento per padroneggiare la complessità del mondo e mettere in relazione tra loro le persone e gli oggetti. Oggi ne abbiamo perduto il controllo: si è ridotto a playlist, banale esercizio di gusto soggettivo
Sembra facile cimentarsi in una lista. È una questione di equilibrio tra tutto e niente. Gli antichi avevano intuito il suo potere di fare cultura: la prima testimonianza di cui abbiamo traccia risale al IX secolo a.C. e si trova all’interno di uno dei testi più importanti della letteratura greca. Nel canto XVIII dell’Iliade si racconta dell’ira di Achille, a cui Patroclo ha sottratto le armi per affrontare Ettore, che lo ha ucciso. Per vendicare l’amico morto, Achille si fa forgiare nuove armi da Efesto e ne nasce uno scudo di grandi proporzioni, riccamente istoriato. La decorazione in realtà è una lista che rappresenta tutti gli elementi del mondo conosciuto. Per descriverlo Omero impiega duecento versi, tanta è la sua complessità. In cinque cerchi concentrici comprende la terra, il cielo e il mare, il sole, la luna e le costellazioni, due popolose città, una scena nuziale e un processo, un assedio e una battaglia, un campo arato, i possedimenti del re e la raccolta delle messi, un vigneto, una mandria attaccata dai leoni, un gregge al pascolo, una danza di giovani e il fiume Oceano.
È un oggetto puramente virtuale, appunto un «progetto», esistente solo nelle descrizioni che ne danno Omero e poi Virgilio (qui ovviamente si tratta dello scudo di Enea) nel libro VIII dell’Eneide. Pur se rappresentato come un mondo limitato, concentrato all’interno dello spazio ristretto di uno scudo, ci appare invece immenso, diversificato e armonioso. La sua ampiezza si estende oltre i bordi dello scudo e il poeta ce lo fa immaginare grandioso. Magnifico artificio letterario, che inutilmente pittori e scultori — da Quatremère de Quincy a Cochin, a Weninger, fino ad Angelo Monticelli nel XIX secolo — hanno cercato di rappresentare in forma concreta, dimostrando così la superiorità della parola sull’immagine. Esaltazione del primato della parola, proprio delle civiltà orali, come strumento di coesione sociale.
Lo scudo di Achille apre la Vertigine della lista (Bompiani) di Umberto Eco, quale espressione del bisogno umano di contenere il tutto, di manifestare la conoscenza e, allo stesso tempo, di dominare il mondo in una forma conchiusa, comprensibile a tutti. Esempio di sintesi e di pregnanza di un contenuto esorbitante che può essere indicato solo per sommi capi. Ma destinata a essere pur sempre incompleta, poiché la lista per sua natura può essere aggiornata, ridotta o incrementata all’infinito. La sua eterna incompiutezza la rende affascinante, ma anche «vertiginosa». La sua eccessiva grandezza rischia di travolgerci, andare oltre la nostra capacità di comprensione.
Le summa e medievali e po il’ Encyclopédie di Diderot e D’Alembert avevano lo scopo di manifestare la conoscenza, stabilire l’oggetto del sapere, prima ancora di mettere in relazione gli elementi che lo compongono. Prima di trarre considerazioni e giudizi, bisogna disporre dei dati: averli davanti a sé ben distinti l’uno dall’altro, in perfetto ordine, garantisce la loro persistenza nella mente. Perché lo scopo primario della lista è mnemonico: elencare per ricordare, pratica essenziale quando non c’erano supporti su cui registrare oggetti, beni, merci, capi di bestiame, abitanti. Nelle civiltà orali la lista era una sequenza di suoni, meglio se ritmati, cadenzati e quindi più facili da ricordare. La stessa poesia cantata imitava questa pratica per favorire la memorizzazione dei versi.
Se le togliamo la funzione mnemonica e la capacità di generare cultura, la lista si dimostra fuorviante, noiosa e francamente inutile. Come ogni elencazione priva di scopo, che non sia quello di dimostrare la banale conoscenza di termini, nasconde il tentativo di dominare gli oggetti elencati, di possederli, se non nello spirito e nel senso, almeno nel nome. Il catalogo di una biblioteca o la lista della spesa, allora, non fa differenza.
Ciò di cui abbiamo bisogno è la relazione tra gli oggetti o gli individui; il rapporto che esiste fra loro e il significato che gli attribuiamo. Un elenco di nomi non ci dirà nulla in astratto, ma assumerà un significato se si tratta degli abitanti del quartiere, degli amici più cari o degli allievi di una scuola. Contestualizzati e definiti. I 25 lettori dei Promessi sposi, i 10 giorni che hanno cambiato il mondo, le 50 sfumature di grigio.
Ordinamenti diversi non la rendono più attuale. Anche se non è alla rinfusa e segue un ordine, alfabetico o tematico, numerico, crescente o decrescente, la lista resta spesso un banale esercizio di gusto soggettivo. Come la playlist dei brani musicali, dei video preferiti o la classifica dei ristoranti e degli alberghi più votati.
Produciamo, riceviamo e assorbiamo liste a profusione attraverso un sistema di comunicazione sempre più spersonalizzato che genera informazione, ma non cultura. Il sapere enciclopedico provvedeva a distinguere ciò che aveva valore e doveva essere conservato da ciò che era inutile. Google, nell’immensa quantità di dati riversata nella rete, non fa distinzioni. Senza alcun filtro — che oggi sarebbe considerato un’inammissibile censura — ognuno gestisce le proprie priorità cognitive, senza alcuna possibilità di creare un linguaggio comune, senza la pretesa di definire un sapere univoco.
L’inutilità della lista si dimostra definitiva quando perde il suo valore conoscitivo, quando si fa riduzione di complessità, per facilitare la scelta e semplificare i contenuti, promuovere i consumi. Da esercizio di pensiero logico diviene banale elenco di dati numerici o preferiti. Lo scudo di Achille e internet stanno all’opposto: entrambi cercano di racchiudere e comprendere in sé il mondo conosciuto, ma se Omero poteva ancora pretendere di dominarlo, rappresentandolo con la parola, la rete si avvicina pericolosamente al concetto di infinito, sfuggente e incontenibile per la mente. A furia di ampliare la lista abbiamo finito per perderne il controllo e il senso. Ci accontentiamo delle playlist musicali, della lista di amici su Facebook o dei follower di Twitter, esibendoli come forma di autoaffermazione. Altri tempi, altre liste.