Corriere della Sera - La Lettura

«LANARK» PADRE DI TANTE DISTOPIE

- Di VANNI SANTONI

Quando dalla piccola casa editrice Safarà mi è arrivato il primo volume di Lanark, di un tale Alasdair Gray, presentato come «uno dei pilastri della narrativa del XX secolo», ho pensato che il marketing librario stesse perdendo il senso della misura. Il blurb giungeva tuttavia dal «Guardian», e pure la prefazione di Jeff VanderMeer dava da pensare. Possibile che di un libro — perché Lanark sarà in quattro volumi ma è un romanzo unico e va letto come tale — così importante non si avesse notizia e non fosse mai stato tradotto? Ora che è giunto in libreria l’ultimo volume (pp. 336, € 19), sempre reso in italiano da Enrico Terrinoni, possiamo dirlo: sì, era possibile. Lanark, che narra le vite speculari dell’eroe eponimo e del suo doppio Duncan Thaw nella città reale di Glasgow e in quella fantastica di Unthank, è un capolavoro. Un capolavoro uscito nel 1981 e tuttora difficile da catalogare, collocando­si tra surrealism­o, gotico, fantasy e allegoria, ma la cui influenza salta subito all’occhio: difficile, dopo la sua lettura, prendere sul serio i distopisti odierni, che questo libro travolge in massa, o anche dare lo stesso peso a maestri del fantastico come Gaiman, Moore, Miéville o lo stesso VanderMeer, visto quanto ne hanno attinto. La pubblicazi­one così tardiva di Lanark è qualcosa di cui dispiacers­i, ma offre anche un’opportunit­à rara: quella di veder mutare e riassestar­si la nostra percezione dell’intero panorama letterario anglosasso­ne, proprio come quello della proteiform­e città di Unthank.

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