Corriere della Sera - La Lettura
Balcani, Nicaragua e Gloria Swanson Storie vere distillate
già reporter, si è ispirato alle guerre reali che ha attraversato. E in patria esce il sequel
Non ha molte illusioni sul genere umano, Arturo Pérez-Reverte. E nemmeno il protagonista del suo nuovo romanzo, Il codice dello scorpione, tradotto da Bruno Arpaia e appena uscito da Rizzoli, ritiene che l’umanità meriti qualche delicatezza, o almeno un po’ di compassione, da parte sua. Lorenzo Falcó, come evoca il suo cognome, è un rapace che conquisterà i lettori (anche italiani) sensibili al fascino un po’ canagliesco, però quasi aristocratico, di certe imperturbabili spie senza ideali e senza scrupoli, ma fornite di uno spiccato gusto per i piaceri della vita. Oltre a una poco nobile inclinazione per la violenza più truce, almeno nelle relazioni professionali.
L’autore spagnolo, che ha sedotto le platee internazionali con le avventure del capitano Diego Alatriste, coraggioso spadaccino del Secolo d’Oro interpretato sul grande schermo da Viggo Mortensen, immerge stavolta il suo pubblico nel sottobosco ambiguo e crudele della guerra fratricida che insanguinò la Spagna tra il 1936 e il 1939. Qui, in un’ atmosfera tanto plumbea quanto antropologicamente variegata, si muove il nuovo eroe scaturito dalla penna disincantata di Pérez-Reverte e destinato a non scomparire con la parola «fine», a pagina 332: in Spagna il 17 ottobre è già atteso nelle librerie il secondo volume della saga, Eva.
Lo 007 andaluso, insomma, è arrivato per restare, sfrontato e cinico, con le sue scarpe di vernice, il suo profumo «Varón Dandy» (Maschio Dandy), la sua passione per gli abiti di buona qualità e per le donne di altrettanto sapiente fattura, anche se in quel caso l’abbigliamento gli risulta secondario. Saranno anche un po’ da brivido necrofilo le riflessioni sulle gambe della donna di cui ha appena facilitato l’omicidio: «Uno spreco. In un altro momento non gli sarebbe dispiaciuto pernottare senza fretta tra quelle gambe». Ma la simpatia del personaggio forse sta proprio nel fatto che non fa nulla per risultare gradevole, al di là del suo aspetto: lavora per i franchisti, anche se forse potrebbe altrettanto disinvoltamente mettersi al servizio del bando repubblicano, e sembra avulso da qualsiasi preoccupazione ideologica o morale. O almeno vorrebbe esserlo, anche se il suo creatore gli lascia sfuggire una smorfia — soltanto una smorfia — quando il committente della missione centrale si manifesta come il fami-