Corriere della Sera - La Lettura

Il secolo di Ettore Sottsass l’artista che creò il design

A cento anni dalla nascita e a dieci dalla scomparsa, la Triennale di Milano celebra il talento totale e appassiona­to di Ettore Sottsass, un temerario inventore di forme dal percorso esistenzia­le avvincente. E coerente, come le sue creazioni: architettu­re

- Di A. SACCHI e V. TRIONE

Gillo Dorfles ne ha elogiato il talento plurale.l ale Ettore Sottsass,Sottsass ha scritto,scritto più che un architetto o un designer, è stato un artista totale. Difficile perimetrar­e l’itinerario di questo temerario ed eccentrico inventore di forme, che somigliava un po’ a un santone indiano e un po’ a un contadino tirolese. Il suo percorso esistenzia­le e poetico è stato lungo, avvincente, vario. Ma intimament­e unitario, coerente. «Nella vita, un uomo può indossare molti abiti. Ogni giorno. Di mattina, di notte. Ma resta sempre identico. Cambiano solo le tecniche del disegno di se stesso», ha detto.

Un viaggio sperimenta­le e appassiona­to, costellato di tante fascinazio­ni, che verrà riattraver­sato nel grande omaggio in programma alla Triennale di Milano. Una navigazion­e in mare aperto, segnata da incontri con pratiche e linguaggi: architettu­ra e design, arte e fotografia, scrittura e cinema. Un’avventura talvolta discontinu­a, caratteriz­zata però sempre dalla volontà di saldare piani non contigui: calcolo e disquilibr­io.

Da una parte, il progetto. «Sono soltanto bravo a disegnare», amava ripetere Sottsass, per sottolinea­re il bisogno di salvaguard­are le regole auree della composizio­ne. Sono nati così i suoi prodotti su piccola e su larga scala (come quelli per l’Olivetti), che rivelano una profonda sensibilit­à etica: ciò che conta, per Sottsass, non è il segno in sé, ma l’ambiente in cui quello stesso segno viene collocato, facendosi evento sociale e politico. Dall’altra parte, il coraggio, l’azzardo, l’utopia. La passione per la varietà iconografi­ca,iconografi­ca per le asimasim metrie, per le improvvisa­zioni, per le rotture prospettic­he, per le dissonanze cromatiche, per i simboli e le allegorie.

Rigore e fantasia suggerisco­no i contorni di una sorta di romanzo di formazione. Che inizia nel 1937. Ventenne, Sottsass è a Parigi. Lì scopre le architettu­re di Aalto e Sert, le sculture di Calder, i dipinti di Matisse e Miró. Resta affascinat­o soprattutt­o dalle disarticol­azioni di Picasso e di Braque, di Gris e di Léger, che racchiudon­o dentro figure uniche identità diverse, rese simultanea­mente. Sottsass ritroverà un analogo choc ascoltando le sonorità sincopate del jazz, conosciuto nella Milano del dopoguerra; e poi approfondi­to nei primi anni Sessanta quando, introdotto dalla prima moglie Fernanda Pivano, entra in contatto con gli scrittori della Beat Generation (Kerouac, Ginsberg, Ferlinghet­ti), sulle cui tracce matura una vocazione spirituali­stica. Per sottrarsi alle mitologie di una cultura occidental­e sempre più omologata, Sottsass avverte l’esigenza di riportare il «sacro» nella quotidiani­tà. In tal senso, saranno decisivi i viaggi in India, in Birmania e in Nepal. Questa tensione «mistica» è all’origine di due movimenti di cui Sottsass è tra i principali animatori: Alchymia (1976) e Memphis (1981). Esperienze accomunate dal bisogno di offrire una diversa declinazio­ne del concetto di design.

In sintonia con le estetiche della postmodern­i- tà, i protagonis­ti di Alchymia e di Memphis vogliono superare ogni rigido funzionali­smo. Difendono le ragioni dell’irrazional­e e del giocoso. Teorizzano una progettual­ità aperta, capace di combinare l’omogeneità della programmaz­ione con gli slanci della fantasia. Elaborano «carrozzeri­e» indipenden­ti dai meccanismi in esse contenuti. Del resto, ha scritto ancora Dorfles, «al di là della funzione pratica, ogni oggetto ha avuto e avrà una connotazio­ne che potrà essere: aggressiva, apotropaic­a, magica, persuasiva, sacra». Tale filosofia si può ritrovare nei tanti esiti degli sconfiname­nti di questo originale erede della tradizione delle avanguardi­e. Nelle architettu­re. Nelle creazioni di design. Nei mobili eccessivi, ricchi di ornamenti; nelle ceramiche; nei gioielli, che assemblano materiali insoliti. Nei testi teorici ( Scritti, Neri Pozza, 2002) e autobiogra­fici ( Scritto di notte, Adelphi, 2010). Nei «meccanicis­tici» dipinti. Nelle fotografie, dove sono raccolte le impression­i di passeggiat­e solitarie attraverso sequenze imperfette.

In occasione di una sua personale al Museo di Capodimont­e di Napoli (2004) gli avevo chiesto: «Come si definirebb­e?». E Sottsass: «Un giovane ancora molto curioso della vita. Se potessi, continuere­i a viaggiare, a guardare, a provare sapori, a emozionarm­i, a innamorarm­i. Ma mi sento molto solo».

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