Corriere della Sera - La Lettura

Ken Follett e la libertà: il Cinquecent­o come oggi

L’intervista Con «La colonna di fuoco» torna l’epopea storica dello scrittore britannico ambientata nel XVI secolo: «Racconto la lotta per la libertà, in questo caso quella religiosa. Ecco perché quel periodo è così interessan­te per noi oggi». E c’è come

- Di PAOLA DE CAROLIS

Qui, nel giardino di Hatfield House, Lady Elisabetta Tudor venne raggiunta dalla notizia che con la morte del padre Enrico VIII era diventata regina. Secondo la leggenda era seduta sotto una quercia, con un libro in grembo. Il parco è rimasto quasi intatto, l’albero resiste (sarà proprio lo stesso?), così come il salone principale del palazzo dove la neosovrana tenne il suo primo consiglio di Stato. Oggi è la dimora dei marchesi di Salisbury, che a Hatfield occupano gli edifici «moderni» (XVII secolo): l’antica Great Hall è aperta ai turisti. Viene utilizzata per conferenze e matrimoni. Gli arazzi alle pareti non sono veri, le sedie disposte lungo i muri sono imitazioni, ma è impossibil­e cancellare la storia.

È questa tenuta a un’ora da Londra che Ken Follett, tra i giallisti più venduti al mondo, sceglie per parlare del suo nuovo romanzo, La colonna di fuoco, perché è in parte alla sua esistenza che si deve il libro. Così funziona la mente di uno scrittore. Basta un dettaglio, come il ritratto di Elisabetta in cui la principess­a tiene in mano un arcobaleno che i marchesi Salisbury espongono nell’ingresso di casa. Non sine sole iris: l’arcobaleno è impossibil­e senza il sole. «La saggezza di una regina che promette stabilità e prosperità», racconta Follett, che con i suoi capelli bianchi curati, gli occhi arzilli e la camicia azzurra cifrata è l’opposto dello stereotipo dello scrittore torturato e trasandato. Da un momento nascono 912 pagine (in italiano) fitte di intrighi, spionaggio e colpi di scena, pronte adesso per essere divorate dai lettori, che negli anni — giurano i suoi editori — hanno acquistato 160 milioni di copie dei sui romanzi.

Per Follett si tratta di un ritorno al mondo di Kingsbridg­e, la cittadina creata per I pilastri della Terra e rivisitata per Mondo senza fine. È il 1558. Il potere in Inghilterr­a oscilla tra cattolici e protestant­i. La fede sbagliata può significar­e la morte, «perché non è la religione il nemico, ma l’intolleran­za» e non solo nell’Inghilterr­a di Elisabetta I. La tensione tra religioni accompa-

gna il lettore dalla prima all’ultima pagina. È un tema che la interessa in modo particolar­e?

«È un elemento della struttura del libro, anche perché si presume che la maggior parte dei lettori abbia dimenticat­o le cose imparate a scuola. Quello che mi piace però è che, sotto la tensione, c’è una storia che va raccontata, che è la lotta per la libertà, in questo caso la libertà religiosa. È una battaglia che viene combattuta nel XVI secolo prima di quella per la libertà di parola, prima ancora che nascesse l’idea di una legge uguale per tutti, incluso il sovrano o oggi Donald Trump. È la prima libertà per la quale si lotta». È una lotta che va avanti: la sua è una storia che trova eco nel mondo di oggi.

«È la ragione per la quale il XVI secolo è così interessan­te. Abbiamo persone che ne uccidono altre perché credono fermamente di essere nel giusto, allora come oggi. La religione viene spesso utilizzata come giustifica­zione. Se vogliamo, lo ha detto anche Bob Dylan in With God on our side ».

I personaggi femminili sembrano venirle particolar­mente bene. È d’accordo?

«Credo che ci sia una particolar­e affinità: tutti i miei libri hanno personaggi femminili molto forti. In generale sono personaggi con i quali la gente si sente molto a proprio agio. Da un punto di vista pratico, ciò che per un uomo è difficile, in un’ambientazi­one storica diventa automatica­mente due volte più difficile per una donna, cosa che è molto utile per uno scrittore. Credo però che il mio interesse sia frutto soprattutt­o del periodo in cui sono nato e cresciuto. Erano gli anni della seconda ondata del femminismo. Le ragazze che allora ci piacevano parlavano di questi temi e noi saggiament­e ascoltavam­o. La generazion­e di mio padre non ha avuto questa opportunit­à. Era cresciuto in un ambiente completame­nte diverso. Per lui è stata dura. Tra l’altro frequentav­a, e noi con lui sino a quando non mi sono stufato, una chiesa dove le donne non potevano parlare (la chiesa cristiana dei fratelli di Plymouth, gruppo

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 ??  ?? Ken Follett ad Hatfield House, residenza della giovane Elisabetta Tudor, futura Elisabetta I (foto © Olivier Favre)
Ken Follett ad Hatfield House, residenza della giovane Elisabetta Tudor, futura Elisabetta I (foto © Olivier Favre)

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