Corriere della Sera - La Lettura
La cattedrale in mano al videogiocatore
Versione ludica de «I pilastri della Terra»: si può influenzare la trama (ma senza esagerare)
Da quasi vent’anni il ruolo della narrazione nei videogiochi è al centro del dibattito critico e produttivo. In precedenza, i videogiochi a fo r te ca r a t te re narrativo si potevano più o meno racchiudere in due generi, in cui la componente interattiva era a bassissima intensità: l’interactive novel, in cui il giocatore attraverso il suo dialogare con altri personaggi modifica gli eventi e la trama; e l’adventure game punta e clicca, in cui il giocatore risolve enigmi di vario tipo per far procedere una narrazione immodificabile. Negli ultimi anni, tuttavia, l’idea che il videogioco possa avere un solido comparto narrativo integrato con meccaniche di gioco complesse, si è affermata con decisione, pur fra mille difficoltà.
In questo contesto, interactive novel e adventure game non sono comunque scomparsi e da un lato riappaiono in forma nostalgica e autoironica ( Thimbleweed Park), dall’altro si rinnovano ibridandosi fra loro, fra dilemmi morali non banali e maggiore interattività ( The Walking Dead). A questa seconda tipologia appartiene I pilastri della Terra dello studio tedesco Daedalic Entertainment, trasposizione videoludica dell’omonimo romanzo di Ken Follett. Dei tre atti di cui si compone il videogioco, il primo è disponibile dal 15 agosto per pc, Mac, Linux, PlayStation 4 e Xbox One; gli altri due saranno pubblicati nei prossimi mesi. Daedalic ha scelto di porre il giocatore di fronte a semplici problemi pratici da risolvere trovando e combinando oggetti (e in modo innovativo anche idee e concetti) e di proporgli situazioni avventurose create ex novo da affrontare prendendo posizione su dilemmi etico-morali più o meno grandi, dal rubare una mela e del fieno per sfamare il proprio pony, al decidere se rivelare l’identità di un traditore del re e la fonte di tale informazione.
In questo primo atto, ambientato durante la guerra civile inglese del XII secolo fra il priorato di Kingsbridge, il castello di Shiring e le foreste circostanti, appaiono tutti e quattro i protagonisti della saga: Tom, un muratore deciso a costruire una cattedrale per dare senso alla propria esistenza; Philip, un frate integerrimo che si ritrova ad amministrare un priorato e a ricostruirne la chiesa con l’aiuto di Tom; Jack, un brillante ragazzo cresciuto nella foresta, cui Tom insegna il mestiere e che finisce per innamorarsi di Aliena, figlia del conte Bartholomew di Shiring, caduta in disgrazia dopo che il padre è stato catturato ma in grado di riscattarsi.
Il giocatore assiste e in parte contribuisce all’avvio della guerra civile e controlla Tom, Philip e Jack (Aliena sarà «giocabile» nei prossimi atti). A differenza delle controparti letterarie, caratterizzate da un’innata resistenza alle avversità, nel gioco i tre personaggi non si lasciano muovere dagli eventi e affrontano le situazioni in maniera attiva. La conseguen- za di questa metamorfosi videoludica (più un personaggio agisce, più il giocatore è coinvolto nel gioco, si dice) è duplice: da un lato il carattere e i motivi dei personaggi sono molto più netti e definiti. Per esempio il contrasto fra Jack e Alfred, il primogenito di Tom, è da subito evidente, così come la rivalità fra Philip e il vescovo Waleran Bigod, mentre nel testo queste contrapposizioni sono costruite in modo più sottile e diluito, contribuendo a una profonda caratterizzazione anche dei personaggi negativi. Dall’altro lato, le scelte etiche intraprese dal giocatore, riassunte alla fine di ogni capitolo del gioco in una schermata, appaiono ancora più significative perché sembrano influenzare gli sviluppi futuri della storia. Queste scelte riguardano soprattutto Philip e le sue relazioni con altri uomini di chiesa: ha mantenuto un buon rapporto con il vicepriore Remigius? Ha parlato del furto di fratello Marcus facendolo fuggire dal priorato? Ha rivelato tutto sulla ribellione al vescovo Bigod?
Nonostante si abbia la generale sensazione di controllare ciò che accade ai personaggi, l’intreccio di Follett si dipana in modo abbastanza regolare lasciando diversi dubbi sul reale potere assegnato al giocatore. Questa critica, molto comune e legata agli standard di questo genere ibrido, si basa sull’osservazione che le scelte e le azioni del giocatore non hanno degli effetti così radicali sugli eventi: servono a variare in modo marginale un percorso strutturato in una serie di nodi fissi che conducono a un esito immodificabile. C’è da dire tuttavia che, pur trattandosi di uno sbilanciamento nell’equilibrio fra narrazione e interattività, non è detto che il piacere del gioco ne sia penalizzato. Questa sorta di interattività non significativa ha infatti due facce ben distinte: da una parte lo straniamento dovuto all’incapacità di modificare gli eventi principali le cui conseguenze rimangono invariate (per esempio, rifiutare nel gioco di trattare con Regan Hamleigh, madre del feroce signore William Hamleigh, non impedirà al vescovo Bigod di credere che Philip lo abbia fatto, passaggio fondamentale per innescare la rivalità fra i due personaggi). Dall’altro lato, c’è la sensazione che a volte lasciare il controllo all’autore sia la scelta giusta: l’incontro e il primo dialogo fra Jack e Aliena si svolge tutto alla presenza della sorellastra di Jack, Martha. Mentre Jack, controllato dal giocatore, sembra incapace di pronunciare le frasi o tenere i comportamenti che questi gli suggerisce, le due ragazze conversano serenamente di fronte a lui. Per Jack, Aliena è amore a prima vista ed è forse nel rappresentare un personaggio che disobbedisce imbarazzato al giocatore che Daedalic ha trovato una chiave interessante per la narrazione interattiva, tornando, con discrezione e senza frustrare il giocatore, a una presenza autoriale forte.