Corriere della Sera - La Lettura
Ti amo. Ti bacio. Il tuo Unga
Il poeta aveva 78 anni, lei 26. Si incontrarono a San Paolo, in Brasile: lui era andato per alcune conferenze e per visitare la tomba del figlio, lei viveva lì. Fu passione. Una passione che per l’autore dell’«Allegria» coincideva con la vita. Silvio Rama
Giuseppe Ungaretti scrisse a Bruna Bianco almeno 377 lettere d’amore in due anni e mezzo soltanto, tra il settembre del 1966 e l’aprile del 1969. Basterebbe forse questo a dire dell’intensità, della necessità, del trasporto di una corrispondenza oltre-oceanica scritta in nome di una passione che ha segnato e, alla lettera, reso incandescenti gli ultimi anni di vita del poeta. Dall’inizio alla fine senza il minimo calo di battiti e di temperatura, senza un rientro nella norma quotidiana o ordinaria, senza che un argomento, una frase, anche una sola parola, non fosse che il riverbero di quel sentimento così forte e totale. «Ecco, caro amore mio, tutto. Ti penso sempre, Ti amo. Ti bacio. Il Tuo Unga», così si chiude l’ultima lettera.
Questa corrispondenza, anche se solo per la parte di Ungaretti, si può trovare ora raccolta nel volume Lettere a Bruna, che Silvio Ramat ha curato con grande competenza per Mondadori. Ungaretti aveva conosciuto Bruna in Brasile, dove si era recato per tenere alcune conferenze, ma anche per visitare a San Paolo la tomba del figlioletto morto nel 1939, a 9 anni soltanto, per un’appendicite mal curata (a San Paolo il poeta aveva insegnato all’Università tra il 1937 e il 1942). Bruna gli si era avvicinata proprio al termine di una conferenza per con- segnargli qualche suo verso, e da lì, da quel momento, era nato tutto.
Le prime lettere vengono inviate già dalla motonave su cui lo scrittore stava rientrando dal Sud America. Originaria delle Langhe, da una decina d’anni Bruna vive con la famiglia in Brasile, dove il padre ha aperto una filiale della sua azienda produttrice di spumanti. Anche se è laureata in giurisprudenza, è lì che lavora, nell’amministrazione. È bella, aggraziata, elegante, ma soprattutto molto giovane. Ha infatti 26 anni, 52 in meno del grande, vecchio poeta, che in quel momento ne ha 78. La «legge dell’età», come viene chiamata, graverà infatti sul loro intero rapporto, in qualche misura sempre angustiando un Ungaretti mai così attaccato alla vita, ma senza tuttavia ostacolare l’amore, e anzi, come in genere gli impedimenti, legittimandolo e rafforzandolo oltre misura.
Come spiega Ramat, «la corrispondenza è intervallata da periodi nei quali Bruna e Ungà non hanno bisogno di scriversi poiché due volte ritorna lui in Brasile, due volte arriva lei in Italia». Di conseguenza, l’epistolario è stato suddiviso in cinque capitoli, corrispondenti ad altrettanti piccoli cicli non soltanto cronologici della vicenda amorosa.
Ma di che cosa parla Ungaretti quando scrive a Bruna? È presto detto: parla di tutto eppu- re di nient’altro che non sia il suo amore. Credo che su questo aspetto Ramat abbia visto giusto nella sua introduzione. Non ci sono scene o quadretti autonomi, pezzi di bravura, racconti o raccontini che contengano in sé il proprio fine. Così, se una possibile chiave di lettura di queste lettere si può indicare, sta proprio qui: resoconti di viaggi, cronaca della vita, informazioni, aneddoti, constatazioni, scoperte, giudizi sugli uomini e sul tempo presente, riflessioni sull’arte e la letteratura, consigli e insegnamenti (anche sull’arte poetica), perfino i ricordi e i rimorsi (anzitutto quello per la propria «passiva complicità con il fascismo»), tutto è scritto pensando a lei o comunque confessando senza riserve quello che la passione ha provocato in lui — sensi, cuore, mente, tutto insieme — quasi che il poeta volesse, proprio come accade nelle antiche canzoni, trovare la forza per spingere le sue parole al di là di un oceano che è anche quello di una differenza d’età e di destino che non potrà essere superata. Certo, esistono lettere migliori di altre, pagine più reattive e interessanti, più vive; ma ogni parola andrà comunque letta tenendo ben presente il fuoco o, se si preferisce, la freccia d’amore che la genera, senza poi perdere mai di forza, senza mai precipitare nell’acqua.
Il sentimento, diciamo pure il romantici-