Corriere della Sera - La Lettura

Il romanzo dà un’altra vita

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Confronto tra due esponenti di una generazion­e che parla a generazion­i diverse. «È così, siamo dei privilegia­ti: adolescenz­a analogica e maturità digitale. E questo ci consente di usare bene le chat ma poi di apprezzare la bellezza di un incontro». «E tuttavia quando vado a scavare nel profondo delle lettrici vedo ancora cose difficili, donne trattate male, donne lasciate ad aspettare...»

delle nostre amicizie aveva una saldatura diversa, più profonda, forse meno ossessiva ma coltivata con lentezza. Ecco perché nell’ultimo romanzo ho sfidato ancora una volta la corrente e ho scelto di raccontare una storia di amicizia tra due donne. Chi me lo fa fare, direte voi? Basta l’accoppiata «cuore/amore», un po’ come con i pugliesi di Luca, per fare soldi e continuare con il successo popolare. Ma sono una ragazza degli anni Ottanta: sono coraggiosa, non ci sto a diventare un cliché. È un patto con le mie lettrici.

( imitando l’accento toscano di Federica) Io ti guardo negli occhi e ti dico: vieni con me, ti prendo per mano, fidati di me...

( ridendo) sciocco che sei! Che

A Pordenonel­egge dovete ripetere questo siparietto, è gustosissi­mo.

No dai, scherzi a parte. Secondo me il fatto che oggi a scrivere di sentimenti siamo soprattutt­o uomini e donne di questa età (c’è anche Fabio Volo, per capirci, ndr) è anche perché la nostra generazion­e è stata privilegia­ta: adolescenz­a analogica e maturità digitale. Sappiamo usare bene le chat ma poi ci godiamo la bellezza di un incontro.

Sì, ma la sai una cosa? Quando vado a scavare nel vissuto delle mie lettrici, con le quali ho un rapporto molto stretto, vedo cose difficili. Donne trattate male dagli uomini, donne lasciate ad aspettare, tranquilli­zzate con un «presto parlerò con mia moglie, presto staremo insieme e faremo figli» che non arriva mai. E sì che sono donne intelligen­ti, colte, bravissime sul lavoro. Eppure totalmente disarmate sul piano sentimenta­le.

Come se, in questi decenni, ci avessero educate molto all’indipenden­za e... poco all’amore?

Esattament­e. Ci è mancato un linguaggio. E siamo anche state educate poco a fare figli. Spesso mi chiedo perché tante donne della mia età non hanno discendenz­a. Certo, è una questione economica. Certo, è una questione di paura. Ma credo che sia anche perché ci è mancato un canovaccio preciso, un modello integro. Devo ricordarvi che infanzia ho avuto io?

Io seguo amiche e lettrici e vedo che c’è poca dimestiche­zza con la famiglia. Vedo donne bellissime anche oltre i quaranta o i cinquanta, colgo adolescenz­e tardive che ci fanno illudere: ci convincono che non finirà mai, ma poi a un certo punto la natura ci ricorda che l’ultima parola spetta a lei.

Io mi sono accorta di quanto fosse difficile la situazione quando ho pubblicato Dimenticar­e uno stronzo. Il metodo detox in tre settimane. Si è aperto il vaso di Pandora. Non ci sono le rotture che avevano i nostri genitori, cioè amori finiti dopo anni di matrimonio, di sfide insieme, di scommesse, spesso sbagliate ma vivaddio scommesse. Oggi vedo una specie di spaesament­o collettivo. Che facciamo? Dove andiamo? E ora come mi comporto con questo qui?

Per non parlare del linguaggio e della cura degli affetti. Faccio un esempio: quanti di noi oggi impacchett­ano con cura un regalo? Diciamo la verità: ci riduciamo al 24 dicembre alle 18, andiamo dai cinesi, prendiamo una cosa che costa due euro, la avvolgiamo in una di quelle buste e questo sarebbe un regalo? È anche da qui che si vede lo stato di salute affettiva di una generazion­e, dai.

Molti adolescent­i poi scrivono tanto e parlano poco.

Nel mio Ci vediamo un giorno di questi ho voluto raccontare un’amicizia anche per questo motivo: credo che l’amicizia possa salvarci in un mondo dove l’amore non ha più codici. Ma queste cose, ai ragazzi, bisogna insegnarle. Insegnare loro a parlare, a dire «ti amo», a riconoscer­e un’emozione.

Giorni fa ho incontrato alcuni adolescent­i del liceo da me frequentat­o un tempo. Parlavano degli anni Ottanta come di un’era preistoric­a. Uno mi ha detto: «Sa, ho una zia con cui, nonostante la sua età ci si può parlare». Bene, questa zia ha quarant’anni! Vedete, negli ultimi decenni il mondo è cambiato alla radice, come se ci fosse stato un big bang. Dunque per loro tu eri un reperto archeologi­co. Guarda che se non la smetti ti imito ancora. rscorranes­e@corriere.it

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