Corriere della Sera - La Lettura
Prendete l’orso, per esempio Simone Forti ci mette in moto
Intervista L’artista e coreografa italoamericana sarà protagonista a Milano dal 21 settembre con una scelta di lavori nati dalla sua ricerca sui gesti e sui comportamenti non soltanto umani
L’uomo come animale sociale e l’animale in cattività come parente prossimo dell’uomo. L’italoamericana Simone Forti è la coreografa-artista che più ha studiato il comportamento di entrambi nello sperimentare il linguaggio del movimento in performance che mettono in relazione corpi, oggetti, sculture. A partire dagli anni Sessanta, è stata protagonista della danza postmoderna statunitense, dagli eventi organizzati da La Monte Young nello studio di Yoko Ono a New York alle collaborazioni strette con artisti, compositori e coreografi come Trisha Brown, Steve Paxton, Nam June Paik, Robert Morris.
La Fondazione Furla presenterà quattro sue storiche performance: «Huddle», «Censor», «Cloths» e «Sleepwalkers». Danze-scultura di corpi che lottano per prevaricare o sostenersi a vicenda, collisioni di suoni, performer nascosti da teli …
«Si prestano a differenti interpretazioni: quando le creai cercavo la bellezza nel pedestrian movement, nel gesto quotidiano, anche se in situazioni inusuali. Mi affascina il movimento quando non è stilizzato e morto, il corpo umano colto nella semplicità del fare, ben diverso da quando cerca di apparire bello».
Il quarto pezzo, «Sleepwalkers», rappresenta il suo «periodo italiano» durante la collaborazione con la galleria l’Attico di Fabio Sargentini, a Roma: passò molto tempo allo zoo osservando gli animali in gabbia e confrontando i loro movimenti con il comportamento umano. L’uomo è un animale solitario?
«La solitudine assale l’uomo a tratti ma siamo animali sociali. Nelle mie visite allo zoo ero interessata a due cose. Osservavo i modi in cui si muovono specie diverse di animali e li ripetevo con il mio corpo: l’orso, ad esempio, quando cambia direzione scuote la testa di lato finché il corpo gira. Poi studiavo i giochi che alcuni animali in gabbia fanno per passare il tempo e che li aiutano a sopportare la solitudine e la noia».
La sua vita è stata fortemente segnata dagli Stati Uniti. Si è mai chiesta come sarebbe stata se la sua famiglia non fosse stata costretta a lasciare l’Italia durante il fascismo perché ebrea?
«Sarebbe stato tutto molto diverso. Avrei probabil- mente condotto una vita da donna sposata e il mio matrimonio sarebbe durato fino a diventare nonna. Nella mia famiglia, da parte di padre, molti scrivevano e dipingevano, ma in privato. Non c’era l’abitudine di mostrare in pubblico le proprie creazioni».
Ha stretto legami simbiotici con artisti americani, tanto da sposarne più d’uno. Si considera più una coreografa o un’artista visiva?
«Mi sento un’artista che lavora essenzialmente attraverso il medium del movimento. Ho sempre disegnato moltissimo per esplorare il gesto».
Quando ha iniziato la «logomotion», la pratica di improvvisazione che utilizza movimento e parola come forma narrativa di danza, poi elaborata in «News Animations» su politica, temi sociali e clima?
«La logomotion nacque in un momento di svolta rispetto al passato. Mi ero separata dal musicista Peter van Riper con cui lavoravo. Nello stesso periodo morì mio padre: aveva sempre letto i giornali e seguito le notizie, fu grazie a questo che decidemmo di lasciare l’Italia molto presto, nel 1938, perché la nostra permanenza era diventata pericolosa durante il fascismo. Quando mio padre morì, cominciai a leggere assiduamente i giornali e a seguire con più attenzione ciò che accadeva nel mondo, lo traducevo nel mio corpo e nel movimento. Era il 1981. È ciò che mi ha spinto a capire le notizie e a elaborare le News Animations. Non ho memoria per i nomi di luoghi e persone, ma comprendo il movimento e l’energia. Ora che la Corea del Nord è diventata una potenza nucleare, posso percepire i blocchi di energia».
La sua fede nelle notizie non si è, dunque, intaccata nel tempo delle «fake news»: i media stanno perdendo il controllo della realtà?
«No, credo sia possibile avere molte più idee oggi sulla realtà che non prima. Saremo capaci di distinguere ciò che vero da ciò che non lo è, più di quanto non sia stato in passato».
Che cosa la danza e l’arte possono fare per l’uomo?
«È una questione fondamentale. Non sono una filosofa, ma credo che possano aiutarci a trovare modi per comprendere le cose e scoprire nuove prospettive».