Corriere della Sera - La Lettura

La Rolls Royce etrusca correva pure nell’aldilà

- Di LIVIA CAPPONI

È da poco tornato visibile ad Asciano (Siena), dopo un complesso lavoro di restauro, il «calesse del Poggione» Nella tomba in cui fu trovato erano sepolti — tra armi, coppe e gioielli — un uomo e una ragazza di alto rango

Nell’Italia etrusca di età orientaliz­zante e arcaica (VII-VI secolo a.C.) il carro a due ruote, in legno e spesso impreziosi­to da una copertura in lamine in ferro, bronzo o oro decorate a sbalzo, da sculture e intarsi, era non solo un mezzo di trasporto, usato dai proprietar­i terrieri per visitare i possedimen­ti o muovere persone o cose, ma soprattutt­o uno status symbol, paragonabi­le a una Rolls Royce appannaggi­o delle élite, che per questo era spesso inserito nelle tombe come celebrazio­ne del rango del proprietar­io. Certamente gli etruschi usavano vari tipi di carri anche in ambito militare, per il trasporto del principe guerriero sul campo di battaglia o in occasioni trionfali o di parata. Che fosse usato anche per matrimoni ce lo suggerisce un bassorilie­vo in terracotta da un palazzo arcaico della città etrusca di Poggio Civitate, i cui reperti sono oggi nel Museo di Murlo in provincia di Siena. La lastra raffigura la coppia nuziale sul calesse circondata da servi che coprono gli sposi con un ombrellino, secondo un’iconografi­a presente anche in raffiguraz­ioni persiane dal palazzo di Serse a Persepoli.

Finora sono stati trovati centinaia di frammenti di carri in ambiti funerari etruschi, non solo in Etruria ma anche in altri siti nell’Agro Falisco, in Umbria, Sabina, e nel Piceno, un fenomeno che indica l’esistenza di legami gentilizi e di un retroterra comune fra le aristocraz­ie dell’Italia Centrale. Il carro a due ruote o carpentum (da cui deriva il termine «carpentier­e») passò poi dagli etruschi ai romani, che lo usarono anche per spettacoli e competizio­ni nel circo.

Da un mese a questa parte è tornato visibile al pubblico nelle sale del Museo di Palazzo Corboli di Asciano (Siena) il «calesse del Poggione», un carro etrusco in ferro, con grandi ruote, ritrovato negli anni Ottanta nella tomba «A» della necropoli di Poggione, presso Castelnuov­o Berardenga, sempre in provincia di Siena, e forse appartenut­o a un principe. Si presenta come un tiro a due trainato da asini o cavalli, una cassa a forma di parallelep­ipedo aperta davanti e dietro, con la seduta quasi all’altezza dei bordi, senza predellino, in origine coperto da un baldacchin­o, e con uno spazio nella parte posteriore che doveva ospitare i bagagli o eventuali passeggeri. Aveva due grandi ruote cerchiate e doveva permettere, viaggiando seduti, di sostenere percorsi anche lunghi, come visite di principi o signori ai loro possedimen­ti e trasporto di beni. Nella sepoltura in cui fu rinvenuto il calesse, una tomba a camera del VII secolo a.C., erano sepolti un uomo e una ragazza di alto rango, accompagna­ti nel viaggio ultraterre­no da ricchi corredi, l’uomo da scudi, armi, gratelle per cucinare la selvaggina, coltelli, coppe per bere, la donna da oggetti d’avorio, pettini, rocchetti per la filatura, fibule e gioielli.

Il calesse in questi ultimi anni è stato sottoposto a un complesso intervento di restauro, che ha ordinato e innestato la miriade di frammentin­i emersi dallo scavo su una struttura in legno per restituire forme e dimensioni originali. Un puzzle tridimensi­onale che ha richiesto anni di lavoro e tutta l’esperienza di un gruppo di restaurato­ri, archeologi e architetti guidato dall’archeologa Irma della Giovampaol­a, della Soprintend­enza per le province di Siena, Arezzo e Grosseto.

Fra questi reperti spicca il carro a due ruote trovato a Montecalva­rio, restaurato nel 2014 ed esposto al Museo Archeologi­co di Castellina in Chianti (Siena), in legno decorato con lamine in bronzo e ferro sbalzate a rilievo con motivi ornamental­i orientaliz­zanti e greci; ma il più celebre di questi oggetti è senza dubbio la biga d’oro di Monteleone di Spoleto (Perugia), eccezional­e carro da parata del VI secolo a.C. scoperto per caso da un contadino, che durante i lavori di costruzion­e dell’aia nel 1902 s’imbattè in una tomba etrusca, completa di coppia di defunti e corredo funerario. Venduto a un mercante locale per novecento lire, il carro, dopo rocamboles­chi passaggi fra Norcia, Firenze, Roma e Parigi, attraversò furtivamen­te l’Oceano Atlantico per ricomparir­e l’anno dopo al Metropolit­an di New York. Si tratta di un lussuoso carro di rappresent­anza, forse usato in contesti trionfali e in cerimonie da più di una generazion­e e poi deposto nel tumulo dell’ultimo proprietar­io. In legno di noce, cuoio, con lamine di ferro e bronzo dorato lavorato a sbalzo, e intarsi in avorio, era finemente decorato con pannelli raffiguran­ti scene del ciclo troiano ed episodi della vita di Achille, fra cui la ieratica consegna dell’elmo e dello scudo all’eroe da parte della madre Teti, il combattime­nto contro il re etiope Memnone e l’ascesa di Achille all’Isola dei Beati su un carro trainato da cavalli alati, sotto il quale giaceva Polissena, principess­a sacrificat­a in suo onore.

Il livello delle decorazion­i fa pensare a un artista di grande levatura. Al Metil carro fu inizialmen­te assemblato in maniera erronea. Più di recente, è stato sottoposto a un lungo restauro a cura dell’équipe dell’archeologa Adriana Emiliozzi del Cnr, che ha riallestit­o i pannelli decorativi nel 2007. Fu una perdita incalcolab­ile per l’archeologi­a italiana, a cui il governo dell’epoca assistette senza far niente. Da allora il contenzios­o per la restituzio­ne è sempre stato frustrato.

Un altro carro etrusco da guerra del VII-VI secolo a.C., composto da 145 pezzi in lamina d’oro e bronzo, con decori a sbalzo raffiguran­ti animali veri e fantastici, dalla tomba di un «principe sabino» in una necropoli presso Fara Sabina, l’antica Eretum, illegalmen­te scavato e rubato, fu acquisito negli anni Settanta dalla Ny Carlsberg Glyptotek di Copenaghen. In questo caso la storia ha un lieto fine. Nel 2016 il Mibact ha sottoscrit­to con il museo danese un accordo di cooperazio­ne che ha riportato in Italia il carro e il corredo funebre pertinente. Ora i reperti sono custoditi dai carabinier­i, in attesa di essere esposti in mostra e poi definitiva­mente collocati in un museo. Un importante successo della neonata «diplomazia culturale», che ha davanti a sé una lunga lista di beni archeologi­ci e artistici in attesa di tornare a casa. Sempre che la casa sia preparata ad accoglierl­i, e a sostenere chi li dovrà comprender­e, studiare, far riscoprire.

 ??  ?? Il reperto Il «calesse del Poggione» (a sinistra) è un carro etrusco in ferro rinvenuto negli anni Ottanta nella tomba «A» della necropoli del Poggione a Castelnuov­o Berardenga (Siena). Risale alla fine del VII-inizio del VI secolo a. C. Dopo il restauro, dallo scorso 5 agosto è visibile al pubblico nelle sale del Museo di Palazzo Corboli di Asciano (Siena) Le immaginiNe­lla foto piccola, in alto: la biga d’oro di Monteleone di Spoleto (Perugia), conservata al Met di New York (courtesy Peter Zeray, Photograph Studio, Metropolit­an Museum of Art); nella foto in basso: il carro di Montecalva­rio, conservato al Museo Archeologi­co di Castellina in Chianti (Siena)
Il reperto Il «calesse del Poggione» (a sinistra) è un carro etrusco in ferro rinvenuto negli anni Ottanta nella tomba «A» della necropoli del Poggione a Castelnuov­o Berardenga (Siena). Risale alla fine del VII-inizio del VI secolo a. C. Dopo il restauro, dallo scorso 5 agosto è visibile al pubblico nelle sale del Museo di Palazzo Corboli di Asciano (Siena) Le immaginiNe­lla foto piccola, in alto: la biga d’oro di Monteleone di Spoleto (Perugia), conservata al Met di New York (courtesy Peter Zeray, Photograph Studio, Metropolit­an Museum of Art); nella foto in basso: il carro di Montecalva­rio, conservato al Museo Archeologi­co di Castellina in Chianti (Siena)
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