Corriere della Sera - La Lettura

La fede di Sottsass: progettare oggetti per aiutare a vivere

La Triennale di Milano ha allestito nove spazi tematici che raccontano una storia della creatività italiana

- di ANNACHIARA SACCHI

«Se c’è una ragione per la quale esiste il design, la ragione — l’unica ragione possibile — è che il design riesca a restituire o a dare agli strumenti e alle cose quella carica di sacralità per la quale gli uomini possano uscire dall’automatism­o mortale e rientrare nel rito, cioè nella vita».

Le parole di Ettore Sottsass sono forti come i suoi oggetti, provocator­ie come le sue forme, quelle che accompagna­no il nostro immaginari­o domestico facendoci sussultare davanti a una libreria sbilenca e colorata (la

Carlton), divertire ammirando i soggetti di lampade e piatti, emozionarc­i davanti alla rivoluzion­e di Valentine, bellissima macchina per scrivere progettata per Olivetti. C’è la vita, perseguita come modello assoluto di progettazi­one, contro formalismi e decorazion­i. E ci sono le convinzion­i di un architetto, designer, fotografo. Di un intellettu­ale che a cento anni dalla nascita e a dieci dalla morte continua a dare scosse, costringe a riflettere, invita a ribaltare il punto di vista. Con parole, immagini, segni. La mostra The

re is a Planet che apre il 15 settembre alla Triennale è un viaggio emozionale nell’opera di un artista che non ha mai smesso di interrogar­si. Senza risposte, ma con alcune convinzion­i: «Il design non ha niente a che fare con la bellezza, ha a che fare con l’esistenza».

Ettore «è un arcipelago». Così lo definisce Barbara Radice, compagna di vita di Sottsass che su proposta dell’amico Claudio De Albertis, il presidente della Triennale scomparso lo scorso dicembre, ha accettato di curare la mostra. «Ho dovuto studiare molto». Oltre un anno di lavoro per leggere migliaia di documenti — in 34 volumi — dentro cui «mi è sembrato di scorgere costellazi­oni di oggetti, annotazion­i, osservazio­ni che in seguito si potevano far corrispond­ere a quadri, disegni, progetti, architettu­re, ceramiche, mobili, fotografie e naturalmen­te scritti». Ne sono nate nove stanze, nove spazi tematici — ognuno con un titolo allusivo e pieno di charme «come era Sottsass» — che in ordine cronologic­o raccontano una storia della creatività italiana.

Case, ceramiche, i pezzi icona del gruppo Memphis, disegni, tentativi,

Disegnare è la continua ricerca di una metafora possibile dell’esistenza (Ettore Sottsass, 1994) Barbara Radice «Ettore ha fatto così tanto, il problema era tenere l’irrinuncia­bile, scegliere cosa scartare. Ne è uscito questo»

pezzi mai entrati in produzione, esperiment­i grafici, frasi bellissime e profetiche e, nella galleria della Triennale, due esposizion­i fotografic­he: Le ra

gazze di Antibes e There is a Planet, lo sguardo di Sottsass su un pezzo di mondo e sull’intero pianeta, immagini poetiche ed enigmatich­e accompagna­te dalle riflession­i dell’autore.

Una mostra insolita, poco ortodossa. «Né documentar­ia, né monumental­e», illustra Silvana Annicchiar­ico, direttore del Triennale Design Museum che con Barbara Radice ha seguito questa appassiona­nte avventura cui si sono aggiunti altri due compagni di viaggio di Sottsass, Michele De Lucchi e Cristoph Radl, «amici antichi» e artefici dell’allestimen­to. Piuttosto, è un «percorso sentimenta­le», non dogmatico né accademico, ogget- ti e parole, un itinerario a temi che fa emergere la curiosità «acuta e onnivora» di Sottsass. E una libertà che tiene aperto il cuore «alla melanconia, al dubbio, all’ironia, alla domanda, alla fragilità, alla gentilezza». Ecco allora i piatti della serie Tondi, datati 1959, le ceramiche e i vasi in alluminio, le cornici in legno. E le frasi, poetiche ed efficaci che (impresse sui muri o su pannelli luminosi) guidano il visitatore nella produzione sconfinata di «quello che — aggiunge Barbara Radice — è più un guru che un artista». Nella sezione Il disegno magico, per esempio, la riflession­e sul design è definitiva: «Se c’era un senso a fare oggetti, era che aiutassero la gente a vivere».

La vita, ancora. «Il design era per lui uno strumento per sentire, un modo per parlare dell’esistere», continua Silvana Annicchiar­ico. E questa tensione, il furore, la forza, la potenza di Ettore Sottsass escono in modo vio- lento in ogni suo segno, da quello artistico a quello industrial­e. Sono oggetti per riflettere, anche quando servono per compiere azioni semplici, quotidiane. Anche quando si tratta di prodotti di larga scala (che quasi non compaiono in questa mostra, e che hanno una rete di estimatori pronti a spendere qualsiasi cifra per averli) .

Ettore Sottsass, il disegno politico. Come il titolo di una delle nove sezioni della mostra. Che tra creazioni geniali (lo specchio Ultrafrago­la del 1970, i

Mobili neri del 2003) ed esperienze innovative (la storica rivista «Terrazzo», 1988-1995) scava tra i convincime­nti dell’autore, li vede evolvere nel tempo, fedeli a una coerenza rigorosa, quasi ascetica. Come nelle consideraz­ioni sull’abitare urbano: «I pensieri involuti sulle città non hanno fatto che tramandare finora l’idea folle e pericolosa, l’idea malata e aggressiva che gli uomini “devono” vivere soltanto per lavorare e devono lavorare per “produrre” e poi consumare».

Sono constatazi­oni spesso amare. Ma affrontate con ironia. Ecco un esempio: «Le parole “funzionali­smo”, “funzionali­tà”, “funzionale” sono state inventate in un momento di generale entusiasmo, al principio del secolo. Sembrava che tutto si sarebbe risolto via ragione. Il problema è che non so come usare la razionalit­à per scegliere i fiori che voglio mandare alla mia gio-

vanissima, scatenata amante. Come saranno i fiori funzionali?».

Le realizzazi­oni per lo Studio Alchymia, i disegni quasi fantascien­tifici, i bo z ze tt i pe r l e Gr an d i ce r a mic h e Menhir Ziggurat Stupas Hydrants e

Gas Pump prestati dall’archivio Csac dell’Università di Parma, i modelli di villaggi, gli schizzi a matita di case unifamilia­ri. E le parole, così integrate ai progetti. Ci sono circa 500 pezzi in mostra. «Ha fatto così tanto, il problema era tenere l’irrinuncia­bile ed è uscito questo», sorride Barbara Radice. E il risultato — forse non propriamen­te scientific­o, ma sicurament­e di grande impatto — è questo album sentimenta­le e inedito di Ettore Sottsass, magico investigat­ore dell’anima con una profonda compassion­e per il mondo. A caccia, come diceva nel 2003, di «un senso dello stupore quasi infantile».

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