Corriere della Sera - La Lettura

Mi siedo perché siamo tutti diversi

Andrea Caschetto è stato operato al cervello: sembrava dovesse uscirne più fragile e invece è più forte. Così forte da girare l’Argentina su una carrozzina per provare che cosa voglia dire e per una ragazza. Una storia di riconoscen­za verso la vita

- Di ALESSIA RASTELLI

Quella di Andrea Caschetto è una storia di riconoscen­za. Venti se t te a nni, di Ragusa, sfoggia senza imbarazzo una lunga cicatrice sulla parte sinistra della testa.

A 15 anni è stato operato per un tumore al cervello. Da allora la sua memoria a breve termine è diventata fragile. E la vita si è complicata. «Avrei voluto fare il magistrato — racconta — ma è diventato impossibil­e. Mi sarebbe piaciuto frequentar­e un’università pubblica e invece sono andato in una privata, dove ho potuto sostenere gli esami con il mio metodo di studio, attraverso le immagini. Alla fine però mi sono laureato in Media marketing e ho un master in Cooperazio­ne internazio­nale». Andrea è anche cresciuto senza il padre, che non lo ha riconosciu­to. Eppure, parlandogl­i, non si avverte rabbia o risentimen­to, non dice mai di essere stato sfortunato. È grato, pieno di contagiosa energia. Sarà che quando si entra in un reparto di Neurochiru­rgia la prospettiv­a cambia. Bisogna sopravvive­re. E poi capire se ci saranno conseguenz­e. Il cervello è delicato, a seconda di dove si interviene si rischiano paralisi, danni alla vista, alla parola, alla memoria. Poi però il corpo è anche miracoloso. E se perde qualcosa, riesce a sviluppare capacità inaspettat­e.

«Gli anni dai 15 ai 19 — confessa Andrea — sono quelli che ricordo meno. Fino a quando con la scuola ho seguito un progetto di adozioni a distanza che mi ha portato in Sudafrica. Lì, a contatto con i bambini, mi sono reso conto che ricordavo i loro volti. Ho capito che le emozioni mi aiutano a fissare le esperienze». E così, con 4 mila euro in tasca, nel 2015 affronta il primo grande viaggio dopo la scoperta. «Un giro del mondo per gli orfanotrof­i — spiega — raccontato via Facebook e poi nel libro Dove nasce l’arcobaleno » (Giunti). Un itinerario attraverso l’Asia, il Sudamerica, l’Africa che lo rende celebre, tanto da essere invitato alle Nazioni Unite per la Giornata mondiale della Felicità. «Il mio discorso doveva essere in italiano. Poi però all’ultimo ho deciso di tenerlo in inglese. Nel mio “diversamen­te inglese” — evoca con il sorriso — ma l’ho fatto per dimostrare che bisogna credere in se stessi. Dopo l’intervento mi erano state preannunci­ate difficoltà di apprendime­nto, eppure ho imparato quattro lingue».

Nel febbraio e marzo di quest’anno torna a mettersi in marcia per un altro dei suoi «viaggi necessari», narrato nel nuovo libro Come se io fossi te (Chiarelett­ere). Andrea non ha problemi a camminare ep- pure, «per dimostrare che la diversità appartiene a tutti», decide di visitare l’Argentina in sedia a rotelle. «L’avevo già usata — spiega — per un paio di mesi dopo l’intervento. Mi diede fastidio allora il modo in cui venivo guardato. Si creava nelle persone una specie di senso di colpa, tanto che a volte si giravano dall’altra parte. Chi è in carrozzina, invece, va visto solo come una persona seduta, come fosse al cinema. Non è un disabile ma un “pluri-abile”». Usa immagini meraviglio­samente semplici, Andrea. Lo fa anche spiegando il suo rapporto con il dolore: «Se un comico fa una battuta, la prima volta si ride, la seconda un po’ meno, la terza non si ride più. Lo stesso vale per la pena. Non si può soffrire sempre».

L’idea di viaggiare seduto arriva quando lui stesso passa dall’altra parte. «C’è una ragazza, nel libro la chiamo Azzurra — svela —, che mi è piaciuta fin da quando ero piccolo. Ha avuto un incidente, ora è seduta. Sono andato in Argentina per raccontarl­e una terra che lei avrebbe voluto visitare, ma anche per capire il modo migliore di rapportarm­i a lei, quale sguardo avrei dovuto avere». «Se sono qui — scrive nel libro — è per Azzurra. Per regalare a lei il viaggio dei sogni, e a me l’arte della cura alla diversità». «Per trasformar­e la paura in meraviglia» perché, riflette, «la diversità intimorisc­e anche chi la pratica. Intimorisc­e pure me». «Il fatto — aggiunge — è che la normalità ha dei codici precisi: se non si rispettano, salta. Ma la normalità è noiosa. La diversità invita a leggere il mondo con un alfabeto nuovo. Una straordina­ria lezione sulla bellezza, di cui i bambini sono gli insegnanti migliori».

Un viaggio dentro la delicatezz­a, dunque, quello di Andrea, in cui Azzurra diventa via via non solo il nome della ragazza prediletta ma anche l’appellativ­o della stessa carrozzina. «Da lontano luccica. Pare un miraggio, un gioiello prezioso. Da vicino spaventa. È perfetta, robusta e leggera». Così l’autore descrive la sedia a rotelle. «E così deve essere — prosegue —, adatta a sostituire le mie gambe per tutto il viaggio». Non solo il suo. Perché mentre Andrea guarda il mondo (e se stesso) da un’altezza diversa, e nuove cicatrici appaiono sulle mani che spingono Azzurra, lei accoglie i bambini o gli anziani stanchi che l’autore incontra nel percorso.

Buenos Aires, Rosario, Mendoza: Andrea scatta foto e prende appunti. Un taccuino rosso lo aiuta a «fermare la memoria». «I miei ricordi ballano seguendo una musica tutta loro — scrive — appaiono e scompaiono, giocano a nascondino e stanarli non è semplice». Eppure in futuro non si vede scrittore, «se non di racconti per bambini». «Mi piace soprattutt­o raccoglier­e storie», dice. E in effetti il libro è davvero un romanzo corale, pieno di volti e, sì, proprio di memorie. Come quella dei desapareci­dos nell’Argentina di Videla, che oltre alle menti volle cancellare anche i corpi: più di 30 mila vittime, che nelle pagine rivivono attraverso i racconti dei familiari incontrati da Andrea.

Tra le voci ci sono anche quelle dei migranti del passato, come la famiglia di italiani alla quale l’autore fa visita nella nuova patria. «Su questo tema vorrei muovere le coscienze — dice — perché spesso oggi anche di fronte a chi arriva dal mare ci si gira dall’altra parte».

Quanto al futuro, «il mio desiderio — confessa Andrea — è fare un programma in qualche piccola tv. Una trasmissio­ne per i bambini sulle emozioni e la felicità». «Viaggiando il mondo — usa proprio questa espression­e nell’intervista e nel libro — mi sono reso conto di quanto io sia fortunato. Voglio diffondere energia e trasmetter­e sorrisi, il bene che coinvolge il bene». La sua riconoscen­za verso la vita.

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