Corriere della Sera - La Lettura
Il bimbo che rubò il miele degli dei
Una giungla orientale in bianco e nero, abitata da elefanti, pitoni, farfalle e coccodrilli, il cui universo magico ricorda, da una parte, le suggestioni del Teatro Nero di Praga, dall’altra, l’immaginario infantile disegnato con il gesso sulla lavagna. Partendo dal precedente lavoro autobiografico Desh, il coreografo anglobengalese Akram Khan dedica al mondo dei bambini un delizioso, raffinato spettacolo dal titolo Chotto Desh (Piccola Patria), ospite di Romaeuropa al Teatro Vascello della capitale dal 10 al 12 novembre. Attraverso un tessuto teatrale stratificato che intreccia la musica di Jocelyn Pook, le animazioni video di Yeast Culture e il testo (la favola è tratta dal libro The Honey Hunter, scritto dal coreografo insieme a Karthika Nair e alla regista Sue Buckmaster), Khan racconta l’avventuroso percorso di crescita di un bambino, interpretato da Dennis Alamanos, che sogna di diventare danzatore, si ribella al padre e finisce per provocare le ire degli dèi della foresta ai quali ruba il miele. Come di consueto Khan, coreografo tra i più contesi della scena anglosassone, mescola il Kathak (ovvero la danza classica indiana) al linguaggio del contemporaneo occidentale, trasformando questo lavoro che ha debuttato nel Regno Unito nell’ottobre 2015 in un originale esempio di storytelling danzato, calibrato per catturare l’attenzione dei bambini dai 7 anni in su, conquistando tutta la famiglia. Come nel precedente Desh, creato per l’Akram Khan Company nel 2011 da un team creativo in cui svettava il visual artist Tim Yip, premiato con l’Oscar, la memoria dell’autore fluttua tra il Bangladesh degli antenati e la Gran Bretagna di oggi, stratificando in un surreale viaggio intimo il mito e l’epos, la fragilità e la forza di un talento. Un sogno esotico che è, allo stesso tempo, invito alla danza, testimonianza ed esaltazione della capacità spirituale di resistere alle avversità del mondo, permettendo alla propria creatività di emergere e fiorire.