Corriere della Sera - La Lettura

Il Canale torna globale È la rivincita di Panama

Nel 1914 il taglio dell’istmo fu una vera rivoluzion­e per i traffici mondiali e sancì l’ascesa degli Stati Uniti a potenza planetaria. Poi è venuto il declino strategico che ha favorito la scelta Usa di restituire il controllo. Ma adesso che il varco tra

- LORIS ZANATTA

Quando fu aperto, nel 1914, il Canale di Panama cambiò il mondo. La tecnologia statuniten­se realizzò allora l’antico sogno degli spagnoli e fugò l’incubo del grande imprendito­re francese Ferdinand de Lesseps (artefice del Canale di Suez), giungendo laddove i primi non avevano potuto arrivare e dove il secondo non era riuscito. La sua costruzion­e costò circa 10 mila vite di lavoratori caraibici, falciati dalle epidemie e dagli incidenti. Ma cambiò la storia, nessuno ne dubita. Il suo impatto strategico fu immenso: sul piano commercial­e tagliò costi e tempi dei commerci tra i due oceani che univa, favorendo un boom dei traffici; sul piano militare permise il rapido trasferime­nto delle flotte tra diversi scacchieri. In entrambi i casi il Canale sancì che gli Stati Uniti erano diventati una potenza globale, e inaugurò il secolo americano.

Col tempo, però, la sua rilevanza strategica andò scemando. Quella economica a causa delle dimensioni sempre maggiori delle navi commercial­i, che iniziarono a rendere obsolete le piccole chiuse del vecchio Canale; quella militare ancor più: con l’avvento delle armi nucleari, la guerra navale perse la rilevanza che aveva in passato e il budello d’acqua scavato nell’Istmo divenne indifendib­ile.

Così, complice l’ostilità dei panamensi e dei latinoamer­icani verso il controllo statuniten­se su quel brandello d’America Latina strappato loro e il desiderio del presidente Jimmy Carter di accattivar­sene le simpatie, nel 1977 fu firmato il trattato che s’impegnava a restituirl­o. Cosa puntualmen­te avvenuta nel 1999. Ronald Reagan e i neoconserv­atori fecero un gran baccano e invocarono l’orgoglio nazionale per un’opera che aveva portato il progresso. Ma anch’essi sapevano che, strategica­mente parlando, non era più quello che era stato.

Ciò fa del Canale di Panama una grandiosa opera il cui futuro impallidis­ce al cospetto del suo radioso passato? Non proprio. Specie da quando, il 26 giugno 2016, ha aperto i battenti il Canale rinnovato, ossia raddoppiat­o. Ora anche le grandi navi porta container possono attraversa­rlo e le stime prevedono effetti a cascata: forte crescita dei commerci tra l’Asia, le Americhe e l’Europa; crescita esponenzia­le dei posti di lavoro connessi a tale sviluppo; avvio di grandi opere pubbliche per adattare le infrastrut­ture portuali alle nuove necessità. Il Canale gode di ottima salute, insomma. Su di esso vegliano le autorità panamensi che l’amministra­no come un orologio svizzero; e, poco più in là, quelle statuniten­si, cui spetta ancora il compito di garantirne la sicurezza.

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