Corriere della Sera - La Lettura
La perizia di Malvaldi la sapienza di Cheli
Due fratelli gemelli (un raffinato collezionista d’arte e un vorace collezionista di denaro, al momento in bolletta) sono proprietari di una tenuta in Toscana da sempre appartenuta alla famiglia. Ma non è più tempo di sentimenti patriottici, una multinazionale cinese preme per acquistare il fondo e trasformarlo in una redditizia attività turistica. I due fratelli sono divisi sul da farsi e decidono di consultare la corte di amici che soggiorna nella tenuta. È una comunità variopinta composta, tra gli altri, da un meccanico di Formula 1, una prof di chimica in pensione e un po’ strega, una casalinga, fresca divorziata e campionessa di burraco, un bizzarro direttore d’orchestra con moglie violinista, una giovane avvenente filologa romanza, un medico genetista, un maggiordomo polacco, un custode con la fedina psichiatrica sporca (era compagno in manicomio di Ligabue, non il rocker), un ingegnere e un architetto (con la sindrome di Tourette) al servizio della multinazionale acquirente. E con la partecipazione straordinaria dell’unico nudo di donna mai dipinto da Giovanni Fattori, il re dei Macchiaioli. Un cast broadwayano ovvero malvaldiano, che viene travolto da una serie di delitti e misteri nella location amara per antonomasia: la Maremma. Cosa posso aggiungere ancora di laudatorio alla peri(pe)zia narrativa di Marco Malvaldi? Forse una sola cosa, e non avrei mai voluto farlo. Malvaldi era uno degli scrittori più amati da Pietro Cheli, che era più di un grande giornalista e se n’è andato una settimana fa all’improvviso, lasciandomi come se mi fossero caduti tutti i libri di mano e avessi perso il segno. Non lo ritroverò più quel segno. Nei suoi pezzi, gioielli di humour e sapienza, Cheli ha sempre celebrato il piacere del testo in Malvaldi. Era proprio uno scrittore suo Malvaldi, per il tratto inglese, il gusto del paradosso, il tono di beffa, l’amore per la vita. Credo che Malvaldi mi permetterà di dedicare la rubrica a Pietro.