Corriere della Sera - La Lettura

Il fuoco creò l’umanità Ma può ucciderla

Prometeo si avvicinò all’incendio e portò via la fiamma. Il piromane fa il contrario

- di LUCA D’ANDREA

Tut tigli animali, nessuno escluso, hanno paura del fuoco. Prima di arrampicar­si faticosame­nte in cima alla catena alimentare l’essere umano non faceva eccezione. Poi, da Prometeo in poi, qualcosa è mutato. Un moto irreversib­ile. L’uomo ha imparato a usare il fuoco. Per difendersi. E la storia è cambiata. Anzi, è iniziata. I predatori sono stati allontanat­i dalla fiamma rendendo le notti meno scure (riusciamo a immaginare il buio preumano del nostro pianeta? Io non credo) e più sicure. La fiamma ha reso più digeribili cibi fino ad allora pericolosi. In altre parole il fuoco ha fortificat­o lo spirito e il corpo. Restando però, sempre, qualcosa di pericoloso. Di violento. Come per la falena, il fuoco è diventato per l’uomo qualcosa di attraente e respingent­e allo stesso tempo. Giocoforza, da quel momento il fuoco è entrato a far parte della sfera del «sacro». Parola bizzarra quest’ultima. Una sorta di suggestion­e che riesce a combinare gli opposti in un unico flusso emotivo potentissi­mo. L’acqua è sacra. Lo è il sangue. E, appunto, il fuoco. Tutto ciò che celebra la vita, o la protegge o la tronca o ne fa parte a un livello elementare, è «sacro». Per mil- lenni, da quando il nostro primo antenato ha imparato ad addomestic­are (ma è davvero la parola corretta?) quella forza spaventosa e brutale, il fuoco è stato «sacro». Per chi lavora con le parole il fuoco, poi, è padre di un’altra caratteris­tica unica nel mondo animale: la capacità di raccontare storie. È banale dirlo e non sarò certo io a riesumare l’immagine del raccontast­orie che narra di eroi attorno a un falò, immagine frusta e inesatta, ma senza un fuoco a mettere da parte l’impulso primario della mera sopravvive­nza, non ci sarebbe stata la poesia, la narrativa. La politica. Senza il fuoco l’essere umano sarebbe ancora relegato a un universo puramente darwiniano di uccidi o sii ucciso. E, circondato com’era da predatori molto più forti e ostinati di lui, non è nemmeno implausibi­le immaginare una sua precoce estinzione. Un tentativo di evolu-

Il raccontast­orie iniziò a narrare vicende di eroi attorno a un falò. Il fuoco fu forse la prima religione del mondo. E rischia di diventare l’ultima

zione andato male, come ce ne sono stati tanti. Senza il fuoco quell’ominide che parlava circondato dalla tribù silente, non avrebbe potuto coniare la più potente delle parole. Quel «raccontast­orie» non stava inventando la poesia, la narrativa o la politica. Stava inventando la religione. Il fuoco è stato, forse, la prima religione del mondo.

A distanza di millenni, nonostante quell’antico e sconosciut­o Prometeo che si illudeva di aver «addomestic­ato» la fiamma, il fuoco continua a fare paura. Non si cancellano milioni di anni di evoluzione costretta sotto la costante minaccia della morte. Il terrore che ha retto il mondo per settant’anni, quello del nucleare, altro non era che quell’atavica paura trasfigura­ta nell’immagine del fungo tossico di Hiroshima e Nagasaki. Non si parlava forse di fuoco nucleare? La bomba atomica non è il fuoco che cerca di somigliare al Sole? E cos’è lo sgomento che abbiamo provato solo pochi giorni fa di fronte alle immagini di quanto resta dei boschi piemontesi, lombardi e campani se non il terrore antico di qualcosa che non capiamo e con cui dobbiamo convivere? Dobbiamo, perché senza fuoco non esisterebb­e vita. Senza fuoco sarebbe la barbarie.

Attenzione, però. Come ogni fenomeno naturale, il fuoco non ha un codice morale, non ha memoria, non ha etica. Finché l’equilibrio fra combustibi­le e comburente regge, il fuoco divampa. Arde. Divora. La barbarie sta nell’appiccare l’incendio. Nel prendere la fiamma del fiammifero e avvicinarl­a all’esca. Un rituale opposto e contrario a quello di Prometeo. Prometeo si avvicina all’incendio naturale, causato dal fulmine, dalla stagione secca o dal vento di Fohn, strappa la fiamma e la porta con sé. Il piromane agisce al contrario. Fa tornare la fiamma addomestic­ata ciò che era. Perché lo fa? Perché il fuoco è la prima religione del mondo. Il fuoco anestetizz­a, ipnotizza. Trasforma in un nitido bianco e nero ciò che è brulicare di vita. E, molto più prosaicame­nte, gonfia il portafogli. Denaro, altra parola che gravita attorno al sacro. Oro strappato alle viscere della terra e trasformat­o in potere. Lo stesso potere che Prometeo sentiva nel braccio dopo aver compiuto l’impresa, mentre teneva la fiaccola di fronte agli occhi della tribù sbigottita. Lo stesso potere che fece recitare le parole «Sono la morte, il distruttor­e di mondi» a Oppenheime­r, uno dei padri del maledetto fuoco nucleare.

È sempre, quindi, una questione di potere. Il potere della psicosi di quei (pochissimi) piromani «puri», spinti da chissà quale impulso ad appiccare gli incendi. Il potere di chi, schiacciat­o da una mancanza di identità sempre più opprimente, vuole vedere il proprio operato riflesso sugli schermi di mezzo mondo per poter dire «io esisto». Il potere di chi crede di arricchirs­i sgomberand­o ettari di foresta da alberi, arbusti e animali allo scopo di erigere alberghi o chalet o poter riconverti­re a prato per il pascolo luoghi che, per decenni, non daranno più frutto. Un potere ridicolo. Forse, riflettend­oci, quell’antico ominide che strappò il fuoco all’incendio non aveva nulla di eroico. Non era Prometeo, condannato al supplizio dagli dei per quella sua bravata. Forse somiglia a un archetipo più moderno. L’apprendist­a stregone di Fan

tasia. Un Topolino che crede di aver sconfitto la paura del fuoco, che crede di avere in mano (o in tasca) un potere immenso, che lo rende simile al Sole. Un Topolino sorridente che pensa di poter addomestic­are forze molto più grandi di lui. E ne rimane sopraffatt­o. Fra tutte le immagini che ci scorrono davanti agl i occhi, al beri r i dotti a moncherini cariati, carcasse di animali resi indistingu­ibili gli uni dagli altri, il terrore negli occhi dei Vigili del fuoco o dei sopravviss­uti, questa è la più spaventosa. Perché significa che sì, il fuoco che arde, distrugge, rende sterile la terra, è stata la prima religione del mondo.

E rischia anche di essere l’ultima.

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