Corriere della Sera - La Lettura
Mais, tuberi, miglio e arachidi Una soluzione per gli affamati
Ese bastasse ridistribuire le colture per sconfiggere la fame nel mondo? Lo sostiene una ricerca internazionale condotta da Politecnico di Milano, Columbia University di New York e University of California a Berkeley, pubblicata su «Nature Geoscience». Finora si proponevano soluzioni di due tipi: «intensificare» l’agricoltura, usando più fertilizzanti e migliorando l’irrigazione; oppure aumentare le superfici coltivate. Opzioni difficili in tempi di crisi idrica e desertificazione. Specie nei Paesi in via di sviluppo, dove si concentrano i terreni a bassa resa, con l’irrigazione che dipende ancora dalle piogge. Ma c’è una terza via. Spiega a «la Lettura» Maria Cristina Rulli, che ha firmato lo studio per il Politecnico: «Con i dati Fao, abbiamo realizzato una mappa di cosa oggi viene coltivato nel mondo e dove. Abbiamo costruito un modello e provato a sostituire alcune delle 14 principali colture con altre. Poi siamo andati a vedere quale di queste colture minimizzava il consumo idrico. E abbiamo scoperto che, senza cambiare gli attuali sistemi di produzione, quindi evitando grandi investimenti, si può sia ottenere cibo per 800 milioni di persone in più sia risparmiare il 15% di acqua». In India sostituire le piantagioni (finanziate dal governo) di riso, grano e canna da zucchero nel Nord con distese di mais, miglio, tuberi e arachidi permetterebbe un risparmio idrico del 23% e un aumento del cibo del 59%, utile a nutrire 140 milioni di persone in più. Le autorità indiane hanno manifestato interesse e invitato gli autori a New Delhi. Pur soddisfatta, Rulli non si fa illusioni: «Ottimizzare le colture non significa creare per forza traumi culturali e perdere le tradizioni, ma non sarà facile cambiare le politiche agricole».