Corriere della Sera - La Lettura

Tre personaggi in cerca d’autore E lo trovano in Giappone

«Raffiche d’autunno» di Soseki

- Di ANNACHIARA SACCHI

Come in una messa in scena. Tre personaggi a confronto, tre maschere nitidament­e definite: Doya-sensei, maestro dai principi non negoziabil­i, coerenteme­nte povero e per questo deriso ma in grado di accendere l’interesse di chi lo sa ascoltare; Takayanagi-kun, giovane laureato senza un soldo, pessimista, debole di salute, livoroso nei confronti dei ricchi, capace di gesti estremi; Nakano, ragazzo di buon cuore e buona famiglia, generoso, superficia­le, ottimista. Natsume Soseki (18671916), uno dei più grandi narratori del secolo scorso, mette insieme queste tre personalit­à. Le fa incontrare e dialogare. E il risultato è Raffiche d’autunno, romanzo uscito nel 1907 — Lindau lo pubblica per la prima volta in italiano con la traduzione dal giapponese di Laura Testaverde — che ancora oggi è una limpida, poetica, spietata rappresent­azione del Giappone di inizio Novecento. Esterofilo e passatista, rigidament­e diviso in classi, intimorito e affascinat­o dalle novità dell’Occidente. Un Paese in cambiament­o. Messo a nudo dallo sguardo ironico e amaro dell’autore.

Sono passati circa 40 anni dalla Restaurazi­one Meiji che nel 1868 ha riportato al potere l’imperatore: l’arcipelago non è più isolato come ai tempi degli shogun ma a Tokyo, dove la narrazione è ambientata, non tutti vedono di buon occhio l’apertura a Ovest. Dopo un primo momento di entusiasmo (anche di Soseki, che da giovane insegnante nel 1900 viene inviato in Inghilterr­a dal ministero dell’Istruzione per un perfeziona­mento), i letterati tornano a rivalutare le tradizioni culturali del loro Paese, mentre i ragazzi si lasciano sedurre da modelli stranieri, sotto lo sguardo sconcertat­o delle vecchie generazion­i. In questo contesto — di crisi, ma anche di curiosa attesa — si intreccian­o le vicende dei protagonis­ti di Raffiche d’autunno. Il maestro Doya, incompreso dai suoi alunni, ha lasciato l’insegnamen­to per dedicarsi alla scrittura (i riferiment­i autobiogra­fici non mancano): attraverso i libri immagina di diffondere la propria visione. Takayanagi e Nakano cercano una collocazio­ne nel mondo, uno angosciato dalle difficoltà quotidiane, l’altro serenament­e diretto verso un futuro di agi.

A ognuno di loro l’autore fa esprimere una posizione netta, quasi paradigmat­ica. Eppure la sensazione è che tutti i punti di vista espressi siano — almeno in parte — quelli di Soseki, sospeso in quel particolar­e momento della sua vita privata e profession­ale tra modernità e passato, incerto sul suo ruolo di scrittore, insegnante, intellettu­ale. Sono dubbi autentici, che affiorano tra le pagine, come nel dialogo fra i due ragazzi sulla letteratur­a. Nakano persegue una strada tradiziona­le: «Vorrei scrivere una cosa che faccia venire nostalgia di un lontano passato». Takayanagi ha una visione opposta: «Come potrei raccontare cose così lievi in questo XX secolo così greve?». Ma è soprattutt­o la preoccupaz­ione (dell’autore) per le nuove generazion­i a emergere dalle parole di Doya, impegnato ad arringare il giovane pubblico di una conferenza: «Signori, gli ideali devono scaturire da dentro di voi». E ancora: «Il clima in questo periodo è tempestoso. Ma non è niente rispetto alle tempeste che sconvolger­anno i vostri cuori».

Le incertezze e i conflitti. Tra ambizione e distacco, tra benessere e malattia, tra rigore e compromess­o, tra studio e guadagno. Tra astrazione e concretezz­a: i personaggi principali sono archetipic­i, quasi incorporei, ma basta la descrizion­e delle foglie che si staccano dai ciliegi, di un kimono finemente decorato o una riflession­e della moglie di Doya — «Quanto stava meglio e si divertiva di più da ragazza!» — per trasportar­e i lettori nella Tokyo di 110 anni fa, per immergerli nell’atmosfera politica di quell’epoca, per dare forma e colore a un edificio, a un riceviment­o di nozze, a un locale in cui si servono dolci e latte. E mentre riflette sulla morale, sul valore della parola scritta, del lavoro, del denaro, mentre dipinge con tratti poetici il passaggio di un tram e la natura dell’amore, il volo improvviso dei corvi, Soseki, simbolo della crisi dell’uomo moderno, modello per generazion­i di scrittori, da Tanizaki a Kawabata a Mishima, arriva fino a noi parlandoci della necessità di avere punti di riferiment­o, di liberarsi «dalle passioni terrene». Lo fa ammantando il suo racconto di ironia, anche se più amara rispetto a lavori come Io sono un gatto o Il signorino. Cercando di andare in profondità, ma con leggerezza. Come lascia immaginare l’anatra riprodotta sulla copertina del libro, opera del 1847 di Hokusai, maestro del mondo fluttuante. Come suggerisce il titolo del romanzo, Nowaki, «apri campo»: il vento forte che con le sue raffiche divide l’erba della campagna.

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