Vi insegno a tirare fuori voi stessi E attenti: cantare non significa urlare

Marian Trapassi, cantautrice, ha frequentato il Cet di Mogol, inciso quattro album e insegna canto moderno da 20 anni. «L’insegnamento del canto — spiega — è sempre stata un’attività parallela: ho cominciato a cantare molto presto e il mio maestro mi ha detto che avevo le doti per insegnare. Non sempre si riesce a vivere di musica, per cui la didattica è un modo di essere nella musica, di farlo diventare un lavoro. La parte pedagogica m’interessa, questione di empatia: dal suono della voce devi intuire la personalità di chi hai davanti. Come cantautrice, oltre la tecnica vocale tengo molto alla personalità: non serve avere una bella voce per comunicare; cerco d’indirizzare gli allievi verso l’emotività, che passa attraverso la conoscenza di sé stessi. Una voce la puoi educare, in pochi anni puoi arrivare a utilizzare bene il tuo strumento, mentre l’interpretazione è legata a un percorso individuale più complesso». Spesso nel pop si notano eccessi nell’uso della voce: il più delle volte melismi, urli. «Le donne che studiano canto hanno sempre questo falso mito degli acuti: riportarle sulla Terra è difficile. Il difetto principale è la tendenza a urlare, con tutta la cultura che sta dietro: se non spari è come se non avessi voce! Il concetto di dinamica è stato dimenticato nel tempo. Tra gli allievi ho avuto anche Giusy Ferreri, per un paio di lezioni: utilizzava la voce in una certa maniera, cercavo di dirle che il suo canto era forzato, dovevo insegnarle come si usa lo strumento, per non farsi male... poi fuori di qui, fai quello che vuoi. Un difetto in realtà è diventato il suo punto di forza! Se spinge sempre in quel modo e riesce a mantenere la voce a posto, deve avere un buon apparato vocale».

Marian Trapassi, cantautrice e didatta, è nata a Palermo il 25 gennaio 1970