Corriere della Sera - La Lettura

L’infame sir Roger, un martire

- Di MARCELLO FLORES

Nel 1965 le spoglie di Roger Casement vennero portate in Irlanda con una cerimonia solenne: funerali di Stato, onori militari, la presenza del presidente Éamon De Valera e di decine di migliaia di cittadini irlandesi. Fino ad allora erano sepolte nel carcere di Pentonvill­e, nei sobborghi di Londra, dove era stato giustiziat­o il 3 agosto 1916 per alto tradimento dalle autorità britannich­e.

Casement era stato a lungo un funzionari­o del Foreign Office, famoso per il rapporto scritto a inizio secolo come console britannico in Congo, in cui aveva documentat­o i crimini commessi da Leopoldo II del Belgio contro la popolazion­e indigena; e poi per quello preparato nel 1911 sulle atrocità commesse contro i nativi dalla compagnia della gomma angloperuv­iana nella regione del fiume Putumayo, in Amazzonia. La Corona lo aveva nominato cavaliere, ma già dal 1913 Casement si dedica soltanto — lasciato il ministero degli Esteri — alla battaglia dei nazionalis­ti irlandesi per il distacco da Londra.

Con lo scoppio della Prima guerra mondiale la parte più radicale del movimento indipenden­tista pensa sia giunto il momento di liberare l’Irlanda dalla co- lonizzazio­ne britannica: Casement è informato che l’insurrezio­ne è preparata per la Pasqua 1916 e si dà da fare per procacciar­e armi agli insorti, trasportat­e con un sottomarin­o tedesco che giunge presso le coste della contea di Kerry il Venerdì santo, 21 aprile. Invece degli insorti Roger trova ad attenderlo la polizia, che lo trasferisc­e a Londra dove è incriminat­o per alto tradimento proprio poche ore prima che abbia inizio a Dublino la Easter Rising, la rivolta di Pasqua, che termina nel sangue sabato 29 aprile. La rivolta è stata un’azione di minoranza (molti irlandesi stanno combattend­o nelle fila dell’esercito britannico sulla Somme) eppure assurge in poco tempo a livello di mito.

Il merito del mito, se così si può dire, è tutto nella feroce repression­e britannica che, dopo la fine degli scontri, condanna in una corte marziale segreta quindici dirigenti della rivolta, che vengono fucilati a maggio. A essi si aggiungerà, poco dopo, anche Casement, il cui processo è invece pubblico e inizia il 26 giugno, suscitando le proteste e la difesa di scrittori come George Bernard Shaw, Arthur Conan Doyle, H.G. Wells, Gilbert K. Chesterton e di William B. Yeats, che in settembre scrive il poema Easter 1916, dove ricorda e immortala i «sedici eroi» giusti- ziati dalla Gran Bretagna. Nel suo appello finale Casement aveva sottolinea­to come fosse stato giudicato non dai suoi simili e non «dalla civiltà del XX secolo, ma dalla brutalità del XIV» (la legge inglese sul tradimento ancora in vigore era quella del 1351) e come fosse stato deciso di «privare un irlandese della vita e dell’onore non per avere aderito ai nemici del re ma per avere aderito al proprio stesso popolo». Lui, che aveva servito con onore la Corona per decenni, aveva scelto infine l’identità irlandese.

Entrato di diritto nel pantheon degli eroi irlandesi (Lawrence d’Arabia pregò Shaw nel 1935 di scriverne la biografia, dal carcere inglese in India il Pandit Nehru ricordò alla figlia Indira quella «appassiona­ta e patriottic­a anima irlandese» e Yeats scrisse l’ultimo poema su di lui nel 1937) il biografo Giovanni Costigan ricordò che il suo crimine, se era davvero tale, era lo stesso di quello di George Washington o Tomas Masaryk, che avevano raccolto il premio della loro audacia, mentre egli aveva dovuto pagare il proprio fallimento: «Da una parte del mare d’Irlanda giace il corpo di un traditore mentre, dall’altra, il suo spirito è esaltato come quello di un eroe e di un martire».

 ??  ?? Un ritratto di Roger Casement (1864-1916) realizzato dalla pittrice Sarah Purser (18481943), National Gallery of Ireland
Un ritratto di Roger Casement (1864-1916) realizzato dalla pittrice Sarah Purser (18481943), National Gallery of Ireland

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