Corriere della Sera - La Lettura
Le donne di Caravaggio (attraverso 82 capolavori)
Annuccia «dai capelli rosci», Fillide «turbolenta», Lena «amante di ecclesiastici d’alto rango» Chi sono le donne, quasi tutte prostitute, che hanno prestato il volto a eroine, sante e madonne
Storie maledette eppure bellissime. Storie di violenza, di soprusi, di corpi venduti a basso prezzo nascoste nei volti di quelle prostitute trasformate (di volta in volta) in una Maria Maddalena pallida e dolente, in una Giuditta determinata e senza paura, in una Madonna commossa e stupita. Dentro Caravaggio è anche questo: una mostra (al Palazzo Reale di Milano) capace di raccontare in venti capolavori tutto l’universo di un genio che riempiva le tele delle sue cortigiane e dei suoi ragazzi di vita ai quali affidava spudoratamente i ruoli di beate o di martiri. Di loro, con le sue pennellate pesanti e con i suoi incredibili giochi di ombre, Caravaggio ha messo in scena una verità senza idealizzazioni. Operazione assai ardita per il suo tempo: tanto che (secondo quanto racconta Giovanni Baglione, tra i suoi grandi antagonisti) quando la Madonna dei Pellegrini (1606) venne messa sull’altare della chiesa di Sant’Agostino a Roma «ne fu fatto dai preti e dai popolani estremo schiamazzo». Perché, appunto, nel suo volto erano riconoscibili i tratti di Maddalena Antognetti detta Lena, conosciutissima cortigiana romana.
Ma sarà proprio in virtù di questa verità scomoda che Annuccia «dai capelli rosci e lunghi», Fillide «dal carattere a dir poco turbolento» e Lena «amante di ecclesiasti di alto rango» (al pari di Cecco, di Mario e di tanti altri pretty man e pretty woman raccattati tra bordelli e osterie) hanno finito per raggiungere una gloria inaspettata. A Fillide Melandroni è, ad esempio, affidato il compito di aprire fisicamente il percorso della mostra milanese: è lei, infatti, la Giuditta che taglia la testa a Oloferne (1602) oggi conservata a Palazzo Barberini, a Roma. E nel gesto della giovane vedova della città di Betulia sorpresa mentre decapita, dopo averlo sedotto, il generale assiro che assediava il suo popolo, c’è già molto della vita e del carattere di Fillide.
Arrivata da Siena giovanissima, insieme all’amica Anna Bianchini (Annuccia) e alle loro rispettive famiglie, viene da subito avviata alla prostituzione. I ricercatori del Global Cultural Network, in uno studio dedicato ai modelli di Caravaggio la descrivono «bellissima» e legata a personaggi importanti come il banchiere Vincenzo Giustiniani, uno dei committenti più importanti dell’artista. Per lui avrebbe realizzato, tra l’altro, il San Girolamo penitente, anch’esso in mostra, e un bellissimo Ritratto della cortigiana Fillide acquistato dal Kaiser Friedrich Museum di Berlino, dopo la dispersione della collezione Giustiniani, andato distrutto nel maggio del 1945 nel rogo della torre antiaerea che fungeva da deposito durante la guerra.
Più tardi Fillide si sarebbe legata a Ranuccio Tomassoni, l’uomo che il pittore avrebbe assassinato al campo della palla-
corda nel 1606 e che (con i quattro fratelli) esercitava una sorta di controllo della prostituzione. Non si sa se Caravaggio l’avesse conosciuta durante il suo costante peregrinare tra bordelli, taverne e piazze o se fosse stato il comune «amico» Giustiniani a farli incontrare.
Di certo si sa, dai rapporti di polizia, che la notte dell’11 febbraio 1599, un martedì grasso, Fillide venne arrestata e con lei anche Ranuccio (i vicini di casa della ragazza, in via Condotti, si erano lamentati del troppo rumore e della presenza di uomini armati, uno dei quali era appunto Ranuccio). E che una volta rilasciata (grazie soprattutto ai buoni agganci di Tomassoni) Fillide avrebbe continuato a esercitare la prostituzione e a ricevere denunce, anche in virtù del suo carattere a dir poco turbolento. «La detta Fillide mi è venuta addosso con un coltello per sfregiarmi»: così aveva fatto scrivere qualche anno più tardi un’altra cortigiana, Prudenza Zaccaria, nella sua denuncia contro Fillide (citata dai ricercatori del Global Cultural Network).
In una Roma popolata di prostitute (a cui la Chiesa raccomandava di frequentare le messe «deputategli apposta» nelle chiese di San Rocco e Sant’Ambrogio e di astenersi dall’attività il venerdì, il sabato e i giorni di festa) la sua storia era una storia in fondo assai comune e tollerata. Almeno fino a quando, nel 1612, Fillide viene costretta a lasciare la città dalla famiglia di Giulio Strozzi, avvocato apostolico, suo nuovo amante, che ne avrebbe subito la nefanda influenza. Due anni più tardi, comunque, sarebbe ricomparsa, facendo (tra l’altro) testamento e lasciando il ritratto di Caravaggio in eredità a Strozzi. Fillide muore nel 1618, a trentasette anni: per lei nessuna sepoltura cristiana.
Prima di trasformarla in una drammatica Giuditta (ispirandosi alla quasi contemporanea terribile vicenda di Beatrice Cenci, del suo processo, della sua decapitazione) Caravaggio avrebbe fatto di Fillide una
Santa Caterina di Alessandria ancora una volta dall’aria combattiva (oggi al Museo Thyssen-Bornemisza di Madrid) e nella Madonna quasi rassegnata della Natività
con i Santi Lorenzo e Francesco (un tempo nell’Oratorio di San Lorenzo a Palermo, fu trafugata nella notte tra il 17 e il 18 ottobre 1969). E in una delle due protagoniste di un altro capolavoro in mostra a Milano,
Marta e Maria Maddalena del Detroit Institute of arts: qui Fillide è una Maddalena ricca e sfrontata, mentre il ruolo di Marta (una Marta semplice e ispirata) è affidato a un’altra pretty woman, Anna Bianchini detta Annuccia.
A unirle non sono solo i colori dei loro abiti (bianco, rosso, verde, giallo e bruno), semplici per Marta, sontuosi per Maddalena, ma la loro storia personale. Visto che Anna e Fillide, arrivate insieme da Siena poco prima di Caravaggio, insieme erano state arrestate (e poi rilasciate) nel 1594 «per essere state trovate fuori dal quartiere del bordello dopo il tramonto», una (Anna) appena quattordicenne, l’altra (Fillide) addirittura tredicenne.
Anna, cortigiana molto apprezzata dai pittori (come Prospero Orsi), è una delle modelle più presenti nelle opere di Caravaggio: è lei la Madonna del Riposo duran-
te la fuga in Egitto e la Maddalena penitente, entrambe alla Galleria Doria Pamphilj di Roma. Figlia a sua volta di una cortigiana, più volte segnalata dalla polizia, forse addirittura condannata alla fustigazione (secondo le istruzioni per la morale dettate da Clemente VIII), tanto che la boccetta accanto ai piedi della Maddalena pe
nitente altro non conterebbe che unguento per medicare, appunto, le ferite delle frustate.
Di lei, della sua vita, si conosce poco: se non che avesse un grande desiderio di possedere un quadro che rappresentasse la Maddalena, che Caravaggio l’avesse scelta così per il suo primo dipinto di soggetto religioso (che sarebbe poi finito, come molti altri, nella collezione del cardinale Del Monte) e che due anni più tardi sarebbe stata citata in giudizio «per avere sottratto un quadro a un certo Ludovico Bianchetti», con tutta probabilità una copia della Maddalena dello stesso Caravaggio. Nel 1994 due studiosi (Riccardo Bassani e Fiora Bellini) avrebbero poi identificato la prostituta raffigurata nella Morte della
Vergine oggi al Louvre (dal ventre gonfio, disfatta, annegata nel Tevere, non si sa se per disgrazia o per suicidio) proprio con Annuccia, morta a venticinque anni nel 1604, lo stesso anno della Vergine del Louvre.
Il biografo dei pittori del Seicento romano, Giovanni Bellori, riferisce più volte come Caravaggio scegliesse i suoi modelli tra «galant’huomini», prostitute e parassiti. Molti di loro (come Domenica Calvi detta Menicuccia) sono rimasti solo dei nomi. Ma una delle ultime sale di Palazzo Reale riporta in primo piano la storia di un’altra preferita dell’artista, Maddalena Agnoletti detta Lena, protagonista con il figlio Paolo, nato il 15 dicembre 1602, della Madon
na dei Pellegrini, uno degli ultimi quadri romani di Caravaggio, di cui sarebbe stata l’amante. Anche se Giambattista Passeri,
autore delle Vite de’ Pittori, Scultori ed Architetti che hanno lavorato in Roma, morti
dal 1641 fino al 1673 ( pubblicato nel 1772) non sembra dare molto credito all’ipotesi. Lena sarebbe stata, invece, con certezza amante prima del cardinale Montalto, poi di monsignor Melchiorre Crescenzi e del cardinale Peretti, nipote di Sisto V. Come Fillide (e come le meno note Menica Calvi e Telia Brunori) Lena sarebbe stata una cortigiana d’alto bordo, ma la sua carriera si sarebbe bruscamente interrotta con la nascita del figlio e con l’arresto «per essere stata sorpresa a Piazza Catinara ammantata con un mantello da uomo». Più tardi sarebbe diventata amante di Gaspare Albertini, notaio e letterato, quello stesso Albertini aggredito una sera d’estate del 1605 proprio da Caravaggio «per causa di una donna chiamata Lena che sta in piedi in Piazza Navona». Per questo Michelangelo Merisi detto il Caravaggio sarebbe stato costretto a rifugiarsi (per tre settimane) a Genova.
Al suo ritorno, tutto sarebbe precipitato: la lite con Ranuccio a Campo Marzio e la sua uccisione (in questa vicenda ricompare Fillide), la condanna a morte, la fuga verso Napoli. Mentre Caravaggio fuggiva, Lena sarebbe tornata a vivere con la madre e la sorella in via dei Greci, dove sarebbe morta, a soli ventotto anni, nel 1610. Lo stesso anno di Caravaggio.
La modella della Madonna dei Pellegrini Maddalena Agnoletti detta Lena presta il volto alla Vergine; il figlio Paolo, nato il 15 dicembre 1602, rappresenta Gesù Bambino. Il suo amante fu aggredito dall’artista proprio «a causa di una donna che sta in piedi in Piazza Navona»