Corriere della Sera - La Lettura
E la teoria diventò materia per merito delle stampanti 3D
Dire, fare, innovare: questo sembra essere il motto delle stampanti a tre dimensioni (3D). Gli ingegneri della Rice University, in Texas, le hanno utilizzate per produrre strutture che fino a oggi esistevano solo come rappresentazioni astratte di una teoria matematica. Alla fine del XIX secolo il matematico tedesco Hermann Schwarz formalizzò geometrie e forme che finora non si erano mai potute creare con materiali. «Le geometrie di queste strutture sono complesse, tutto è curvo, le superfici interne hanno una curvatura negativa e le forme sono molto interessanti», nota il ricercatore Chandra Sekhar Tiwary, che ha collaborato al progetto. Grazie a innovativi algoritmi di programmazione, queste strutture, dette «schwarziti» in onore dello studioso tedesco, sono state riprodotte creando nuovi resistenti, leggeri e durevoli materiali. I risultati, pubblicati sulla rivista «Advanced Materials», mostrano come sia possibile, attraverso le stampanti 3D creare campioni macroscopici che, partendo da particolari strutture microscopiche, utilizzino la minor quantità di materiale possibile. «Le strutture di schwarzite — continua Tiwary — hanno caratteristiche simili. La teoria mostra che su scala atomica questi materiali possono essere molto resistenti, ma abbiamo scoperto che la geometria permette di creare materiali macroscopici con un’elevata capacità di carico». Lo studio di queste geometrie e la programmazione più efficiente delle stampanti 3D potrebbe portare a produrre componenti elettroniche su scala nanometrica più resistenti agli urti o alla realizzazione di edifici ed elementi architettonici con maggior stabilità e capacità di carico.