Corriere della Sera - La Lettura

Se vuoi sognare forte forte compra una chitarra (rock)

- Dal nostro corrispond­ente a Parigi STEFANO MONTEFIORI

Strumento ingannevol­e: sembra facile da domare, e non lo è. Strumento traditore: ti fa credere di poterti affermare, e invece rischia di renderti ridicolo. Chi lo vende, poi, è in genere il più scorbutico dei negozianti. Eppure le Stratocast­er, le Rickenback­er e le loro sorelle hanno prodotto musica sublime e autentiche leggende. Morale: maneggiare con cautela

Nella prefazione a La storia della chitarra rock (Hoepli) Steve Vai ricorda così il giorno della sua chiamata. «Il primo chitarrist­a che mi ha davvero colpito l’ho incontrato quando avevo sei anni. Lui ne aveva nove. Ma quando sei così piccolo, qualcuno di nove anni che suona la chitarra è come un dio. Quando ho visto questo ragazzino con addosso quell’enigmatico strumento, mentre colpiva le co rde s uonando l a ca nzone Twinkl e Twinkle Little Star, sono rimasto di sasso. È stato come se la vita cominciass­e proprio in quell’istante».

Nelle 300 pagine successive, Francesco Savarese e Mario Giovannini descrivono gli strumenti di quello stupore. Un percorso storico — dai primi modelli di Adolph Rickenback­er, svizzero di Los Angeles, alla Music Man a sette corde di John Petrucci — pieno di notizie e dettagli tecnici che restituisc­ono la grandezza e l’unicità della chitarra.

Per cento musicisti che sono riusciti a domare lo strumento, ce ne sono cento milioni che hanno passato anni tentando di farselo davvero amico. Non è facile, a dispetto delle apparenze. Dopo i primi incoraggia­nti accordi, c’è da capire se La canzone del sole può bastare o se è necessario — questione di trovare il proprio posto nel mondo — provare a fare sul serio. La chitarra, già l’acustica ma ancora di più quella elettrica, è una promessa di affermazio­ne di sé, libertà, espression­e personale, felicità, magari successo. Nessun altro strumento ha un potere evocativo così alto, nessun altro oggetto viene caricato di così tanto significat­o.

Si sfoglia La storia della chitarra rock e di nuovo niente è più importante della lametta da barba con la quale Dave Davies tagliò il cono del piccolo amplificat­ore Elpico, collegato al Vox AC30, per trovare il fantastico suono distorto di You Really Got Me. Si volta pagina, e ci sono gli amplificat­ori Marshall che Pete Townshend amava distrugger­e a colpi di Stratocast­er, o Gibson SG, o Rickenback­er 360. Un’epopea che si è sempre costruita più sul potere di certi gesti e di certe leggende che sul virtuosism­o tecnico, peraltro in molti casi straordina­rio.

Suonare la chitarra è anche una questione di attitude, di atteggiame­nto, come viene giustament­e ricordato nel libro. Ecco perché tutto quel che la circonda può essere così coinvolgen­te, e complicato.

Una racchetta da tennis appoggiata al muro, e a nessun parente in visita natalizia verrà in mente di dire: «Su, campione, vediamo cosa sai fare». La chitarra in casa invece va nascosta, perché è sempre in agguato l’affabile richiesta: «Dai, suonaci qualcosa». Qualcosa, certo, come no, magari uno stornello. Come se una canzone ne valesse un’altra, come se il rock fosse una cosa da buontempon­i.

Non lo è, e lo sanno bene quelli che le chitarre le vendono, i negozianti. Non c’è categoria profession­ale al mondo più scortese dei venditori di chitarre, neppure sfiorati in cattiveria dai commessi dei negozi di dischi, descritti una volta per tutte da Nick Hornby in Alta fedeltà. Bisogna capirli: chi lavora nei negozi di chitarre è esposto, ogni giorno, al desiderio, alla frustrazio­ne, alla velleità, all’ambizione artistica spesso immotivata di clienti costanteme­nte a un passo dal ridicolo.

Un esercito di wannabe Jimmy Page, Eric Clapton, The Edge o più di recente John Frusciante, John Mayer, Jack White, Dan Auerbach o Kurt Cobain, il più antie- roe di tutti, lui che sulla sua Strato di assolo non ne ha mai fatti.

Esiste uno storico grande magazzino che ha trasformat­o la provincia di Cuneo in un’improbabil­e terra promessa per generazion­i di ventenni dell’Italia centrosett­entrionale, che intraprend­evano lunghi viaggi della speranza a caccia di una Telecaster d’epoca, con il manico a posto, che tenesse l’accordatur­a e che costasse moltissimo ma non più di tutti i risparmi. A Parigi rue de Douai e a Londra Denmark street sono le vie dei negozi di strumenti musicali e quindi, soprattutt­o, di chitarre. Leggenda vuole che ogni tanto appaiano i cartelli No «Smoke On The Water» please, No «Stairway to Heaven» please, No «Seven Nation Army» please, scritti per la clientela da commessi con le orecchie sanguinant­i.

La chitarra fa sognare, fa arrabbiare, e fa ridere. Prima di Stand By Me e Harry ti presento Sally, Rob Reiner ha girato un altro capolavoro, This Is Spinal Tap, parodia di un gruppo hard rock. Nella stanza delle chitarre, Nigel mostra il suo ampli Marshall con il numero 11 aggiunto alla manopola del volume (la scala standard si ferma al 10) «per suonare più forte».

Anche la commedia (sentimenta­le, alla fine) School of Rock di Richard Linklater coglie bene i dolori e le gioie legati all’amore per le sei corde: il protagonis­ta Jack Black, prima della resurrezio­ne finale, è un chitarrist­a fallito senza saperlo che, al termine di un assolo con tutti i cliché del caso, si lancia sulle sole quattro persone che compongono il pubblico e che si scansano facendolo precipitar­e al suolo. La chitarra comporta il prendere rischi, esporsi in prima persona, e infatti c’è chi fa un passo indietro e si dedica al basso: cool e decisivo quanto si vuole, ma anche un modo per mandare avanti gli altri.

Oggi la chitarra è passata di moda: se ne vendono meno, i ragazzi preferisco­no fare musica con i computer. Qui non si vuole passare per reazionari, come molti appassiona­ti di chitarra rock sanno essere. Però nel libro di Savarese e Giovannini ci sono Johnny Marr che conquista gli anni Ottanta dei synth con una Rickenback­er e Martin Gore che porta gli elettronic­i Depeche Mode al successo planetario grazie anche a una magnifica Gretsch verde semi-acustica. Quindi forza, maledetta chitarra.

 ??  ?? LUCA MASPERONE STEFANO TAVERNESE La storia della chitarra rock Prefazione di Steve Vai, a cura di Ezio Guaitamacc­hi HOEPLI Pagine 341, € 29,90
L’appuntamen­to Luca Masperone e Stefano Tavernese saranno a Più libri più liberi domenica 10 in Sala Sirio,...
LUCA MASPERONE STEFANO TAVERNESE La storia della chitarra rock Prefazione di Steve Vai, a cura di Ezio Guaitamacc­hi HOEPLI Pagine 341, € 29,90 L’appuntamen­to Luca Masperone e Stefano Tavernese saranno a Più libri più liberi domenica 10 in Sala Sirio,...
 ??  ?? La chitarra Birdfish realizzata da Ulrich Teuffel (Kitzingen, Germania, 1965) e usata, tra gli altri, da Billy Gibbons degli ZZ Top e da Kirk Hammett dei Metallica
La chitarra Birdfish realizzata da Ulrich Teuffel (Kitzingen, Germania, 1965) e usata, tra gli altri, da Billy Gibbons degli ZZ Top e da Kirk Hammett dei Metallica

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