Corriere della Sera - La Lettura

Canta, prega, ama

- Dalla nostra inviata a Marostica (Vicenza) ANNACHIARA SACCHI

Una carriera nel punk più duro, poi la svolta. Cioè: la conversion­e. Francesco Lorenzi, leader dei «Sun Eats Hours», informa il gruppo del suo cammino di fede. A uno a uno tutti si convincono della scelta cristiana. Rinunciano agli eccessi, abbandonan­o l’inglese e i tour stellari, vanno a messa e incontrano due Papi. E così nascono i «Sun», che oggi festeggian­o vent’anni: la nostra libertà è la vera trasgressi­one

Amicizia è fidarsi sempre, anche quando credi di aver perso tutto. Amicizia è fare un album in italiano mentre il mercato reclama il quinto in inglese. È dire addio a tournée con Offspring e Deep Purple, rinunciare a droga, alcol, sesso. Ai soldi. È cominciare un nuovo percorso. E tutto questo perché il leader del gruppo, il tuo gruppo, ha ricevuto una chiamata. Ha lasciato entrare Gesù nel suo cuore e da allora vuole cantare e suonare in nome di Dio. E ti ha convinto, indicandot­i un cammino «più difficile ed emozionant­e». Lo stanno percorrend­o insieme i vicentini The Sun, che una volta erano i «punkissimi» Sun Eats Hours e che il 4 dicembre festeggian­o vent’anni di sodalizio. Artistico, profession­ale, cristiano. Vent’anni? Ma se non ne avete quaranta...

Seduti intorno a un tavolo Francesco Lorenzi, Matteo Reghelin, Riccardo Rossi, Gianluca Menegozzo sembrano sereni come il paesaggio che li circonda, le colline che dominano Marostica. Non si direbbe che hanno appena finito di incidere (e produrre) un nuovo disco, in uscita l’8 dicembre, che hanno appena terminato un tour, che presto ne comincerà un altro. Con loro c’è Andrea Cerato, il quinto elemento, entrato a far parte della band nel 2015.

FRANCESCO (cantante e leader del gruppo, da lui parte tutto, ogni volta) — La nostra fortuna è stata quella di capire, a 15 anni, che avevamo un sogno e che non c’era tempo da perdere, dovevamo suonare insieme.

RICCARDO (batterista, sembra il più solare, ma ha un passato fatto di cadute devastanti, il suo sguardo è determinat­o come la sua voglia di rialzarsi) — Siamo così longevi perché abbiamo saputo essere fedeli al nostro progetto. Condivider­e vuol dire fidarsi, anche quando fai un salto nel vuoto. Anche quando sei supporter dei Muse, inseguito dalle groupie, ricco e famoso?

MATTEO (bassista, detto Lemma, fino a poco fa aveva lunghi dreadlock biondi, gli stessi con

cui è andato in udienza da Papa Benedetto, la scorsa estate si è sposato, ora mostra uno dei suoi tatuaggi) — C’è scritto qui: «Grazie al perdono, all’amore e alla pace si diventa invincibil­i».

Che effetto fa essere etichettat­i come prima Christian rock band italiana? E che cosa vi unisce alla Christian music?

FRANCESCO — Il nostro è un caso raro. I musicisti che fanno Christian rock nel mondo anglosasso­ne nascono in un ambiente di fede, mentre noi abbiamo fatto dieci anni di punk alternativ­o. Diciamo che siamo dei cristiani che fanno rock. Che genere di rock?

FRANCESCO — Positivo, con contenuti che parlano di valori ed esperienze. Poi facciamo fare a Dio. Se uno apre il suo cuore, Dio entra con più forza. In ogni caso non siamo catechisti e non vogliamo essere espliciti. Insomma... Il testo del brano «L’alchimista» è piuttosto chiaro.

FRANCESCO — Sì, forse è il più esplicito. Del resto quello che viviamo è miracoloso, la canzone racconta questa cosa. Perché dal punk siete passati al rock?

FRANCESCO — Serve una melodia per raccontare la bellezza con cui si manifesta Dio. Ma Dio è anche energia, vivacità, giovinezza.

Voi siete molto generosi, vi esibite ovunque, non solo alle Giornate mondiali della Gioventù. Non rischiate di diventare, dopo tanto successo, un gruppo parrocchia­le?

FRANCESCO — Il rischio c’è. Noi però ci stiamo sforzando di «educare» il mondo cattolico a percepire la musica con maggiore preparazio­ne. Di veicolare i nostri messaggi con profession­alità. Sembra strano, ma anche tra i credenti, all’inizio, c’era una certa diffidenza nei nostri confronti. La svolta?

FRANCESCO — Quando il cardinale Gianfranco Ravasi volle conoscerci. Dopo un’ora di colloquio ci chiese di preparare un questionar­io sugli

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy