Corriere della Sera - La Lettura

La realtà virtuale è l’ottava arte Nessun film sarà come prima

Michel Reilhac è consulente della Mostra del Cinema di Venezia. Dice: la tecnologia migliorerà rapidament­e, i visori non saranno più scatole che danno il mal di mare. La «Vr» convivrà con la pellicola come gli ebook con i libri

- di VALERIO CAPPELLI © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

C’è una rivoluzion­e tutta da scoprire nella civiltà dell’immagine. La realtà virtuale (Vr) si affaccia al cinema e in tv; tra non molto, le nostre abitudini cambierann­o un’altra volta in maniera radicale. Uno schermo, un computer, visore e cuffie, un cavo, ed eccoci in un mondo parallelo. Si può stare seduti, in piedi o si può agire in maniera interattiv­a con le immagini, in un ambiente realistico o artificial­e. Registi come Spielberg, Scorsese, Malick e Iñárritu (che nella realtà virtuale ha realizzato Carne y Arena, ora alla Fondazione Prada di Milano) si sono già misurati o si apprestano a farlo. Non è la fine del rito collettivo della sala al buio, non è il funerale della tv: è una forma d’arte aperta a ogni genere che le affiancher­à, non le cannibaliz­zerà. Francia, Olanda, Usa e soprattutt­o Cina hanno già aperto sale da 50-70 posti apposite: ognuno vede ciò che vuole su poltroncin­e girevoli. Un passo importante è stato compiuto alla Mostra del cinema di Venezia, primo festival a ospitare una sezione Virtual Reality (che per comodità chiameremo Vr), di cui è consulente Michel Reilhac, che racconta a «la Lettura» prospettiv­e e scenari futuri.

Reilhac, la realtà virtuale è alla sua infanzia, un campo in divenire: come evolverà, quali novità tecnologic­he dobbiamo aspettarci?

«Si pensa che entro i prossimi otto anni gli occhiali Vr, modellati sul nostro viso e dalle lenti elettromag­neticament­e scure, faranno parte dei nostri oggetti quotidiani. Saranno come gli occhiali da sole: sempre a portata di mano. I disegnator­i della moda, in partnershi­p, realizzera­nno le loro collezioni griffate. Oltre a fiction e documentar­i, si vedranno programmi su salute, sport, scienza, moda, architettu­ra...». Quali sono gli scogli tecnici da superare?

«Le sfide saranno tre: occorre liberarsi dei cavi e avere la stessa qualità d’immagine; poi la Vr volumetric­a (l’aspetto che ha a che fare con il movimento nello spazio circostant­e); il capitolo centrale è l’interattiv­ità, di cui verrà esplorata ogni possibilit­à, è un’esigenza che sorgerà in modo naturale. Nella Vr la percezione della presenza di corpi estranei fa sì che tu in modo naturale cerchi di prolungare le mani e di toccare gli oggetti virtuali. L’interattiv­ità è il futuro della Vr, per i creatori di immagini diventerà essenziale integrarla nelle loro storie. Lo spettatore a mano a mano non potrà farne a meno, diventerà “il format”, la norma».

Il regista John Landis, come presidente della sezione Vr a Venezia, diceva che non esistono regole in questo campo, dobbiamo crearcele.

struttura «Il cinema al suo impiegò linguaggio. una ventina Ora chiunque di anni nel per mondo dare una capisce Ma spesso cosa dimentichi­amo intendiamo per che flashback c’è voluta ed una ellissi generazion­e. temporali. Lo stiamo stesso imparando accade con attraverso la Vr: non esperiment­i è un linguaggio ed errori. naturale Come e potremo persone avvertono evitare la cinetosi, nella Vr, cioè simile quel al mal malessere di mare? che E molte come puoi fica azione, indirizzar­e quando lo sguardo lo spettatore dello è spettatore libero di decidere su una speci- dove guardare? stro punto Saremo di vista, completame­nte dal momento liberi che lo di spettatore decidere il è no- al centro dell’ambiente attorno a lui? Ci vorranno anni prima di padroneggi­are l’idioma Vr». Si può definire come un tipo di visione attiva, e non passiva come al cinema?

«Lo spettatore è attivo in quanto è lui a decidere dove e cosa guardare; l’altra differenza rispetto alla dimensione “teatrale” è la rottura della quarta parete: non c’è più alcuna separazion­e tra lo spettatore e la storia, siamo interament­e dentro l’azione e non più fuori, protetti da una barriera invisibile che separa l’occhio dello spettatore dalla narrazione».

Per il direttore della Biennale Cinema, Alberto Barbera, deve migliorare la qualità dell’immagine; anche Landis sosteneva che l’hardware dovrà migliorare. «La tecnologia Vr è al suo quarto anno di vita. La tecnologia sta evolvendo in maniera costante. Ogni mese nascono nuove telecamere e cuffie. Ci sono grossi investimen­ti, nel giro di 3-4 anni la qualità dell’immagine sarà impeccabil­e».

L’immagine Lo spettatore tollera il Daniel Steegmann visore solo per breve temMangran­é (1977), Phantom po, è fastidioso da porta(Kingdom of all the animals re: come si risolve?

and all the beasts is my «Il visore non rimarrà a name), 2015, installazi­one: lungo quella brutta scatola grazie alla realtà virtuale il di scarpe, come oggi».

visitatore viene trasportat­o La Vr sarà la tv e il cinenella Mata Atlântica, foresta ma del futuro? O le affianamaz­zonica a rischio cherà?

«Le case editrici non sono fallite, mentre noi possiamo leggere libri su tablet, computer, cellulari. Allo stesso modo cinema e tv non scomparira­nno. Solo che acquisiran­no un sapore vintage, come i libri. Continuere­mo a vedere film in modo tradiziona­le perché ci riassicura­no rispetto al legame che abbiamo col passato: vuol dire che certe cose non possono cambiare. Ma in 50-70 anni, Vr sarà vista alla stessa stregua, come una riassicura­nte, tradiziona­le forma d’arte che sfiderà nuovi format: potranno essere controllo dei sogni, telepatia, teletraspo­rto?». La realtà virtuale altera la nozione di realtà?

«Fino a poco tempo fa, il termine realtà era facile da definire: ciò che noi vediamo e tocchiamo attraverso il corpo e i cinque sensi. Ma recentemen­te gli scienziati hanno cominciato a scoprire che la realtà fisica condivisa da tutti non esiste. La fisica quantistic­a ha stabilito il concetto di relatività. Allo stesso tempo i social media e i giochi online hanno configurat­o un’esistenza digitale totalmente diversa da quella fisica. Un numero sempre crescente di persone preferisce vivere come un avatar creato sul web, piuttosto che vivere con il corpo e la mente nel mondo reale. Avere un temperamen­to online può essere più piacevole. Il concetto di realtà oggi è molto più stratifica­to. La Vr spinge le possibilit­à di sperimenta­re questa “nuova” esistenza». Ma arricchirà la percezione della realtà o ci isolerà ulteriorme­nte?

«Il rischio è maggiore perché è avvincente come nessun altro media e richiede la nostra piena attenzione. Non puoi fare altro, mentre vivi un’esperienza di realtà virtuale. Gli occhiali per connetters­i saranno il nostro interfacci­a onnipresen­te. Dobbiamo imparare a prendere le misure. È un po’ come il cellulare, c’è chi non può farne a meno e chi ha solo un rapporto funzionale». Perché vogliamo rifugiarci nella realtà virtuale?

«Il bisogno di fuggire dalla realtà quotidiana è antico quanto l’intelligen­za umana. Per migliaia di anni abbiamo utilizzato l’intelletto inventando dèi, oppure paradiso e inferno, raccontand­o storie in modi diversi: i narratori che si radunavano attorno al fuoco, le pitture e i disegni sui muri, quindi le parole e i libri. Dopo sono venute la fotografia, il cinema, i video, internet e i social network. La Vr è l’ultimo anello, tecnicamen­te il mezzo più sofisticat­o e coinvolgen­te per soddisfare il bisogno esistenzia­le, in ordine alla comprensio­ne di questo: perché siamo vivi, perché moriamo». Il controllo è un modo per fuggire dall’ansia?

«Il mistero di non sapere perché esistiamo ci fa diventare pazzi. Fuggire in altri mondi dà l’impression­e del pieno controllo su che cosa proviamo nel fabbricare realtà artificial­i, dove siamo maestri perché le abbiamo inventate noi. Ne siamo noi i creatori, non qualche dio pagano di cui non sappiamo nulla». La Vr diventerà l’ottava arte?

«Sì, separata dal cinema. Presto vedremo i primi maestri e i primi capolavori di realtà virtuale. Non dico che i maggiori talenti vengano dall’Asia ma lì c’è maggiore attitudine, disponibil­ità e fluidità culturale rispetto alle tecnologie più avanzate».

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Il personaggi­o Il francese Michel Reilhac è stato l’anima e il consulente (con Liz Rosenthal) della sezione Venice Virtual Reality all’ultima Biennale Cinema. È uno dei massimi esperti di questa nuova forma d’arte, che ha cominciato a studiare nel 1992...

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