Corriere della Sera - La Lettura

Più vacanze, meno auto (e uno smartphone) Ecco chi è il neocittadi­no

La lunga crisi (iniziata nel 2008) ha modificato anche i desideri degli italiani. In questo modo

- di EMANUELA SCARPELLIN­I © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Le grandi crisi non passano senza lasciare segni profondi. Questo vale di certo per la crisi iniziata nel 2008 — ormai quasi dieci anni fa, la più lunga e grave dal dopoguerra — che ha orientato e modificato i consumi delle famiglie. Al punto che possiamo parlare di un nuovo profilo di consumator­e, definito dall’Istat come 4.0. È curioso notare come ciò emerga con chiarezza proprio adesso che spunta una piccola ripresa. Il Censis ha appena illustrato nel suo ultimo Rapporto come la spesa per i consumi delle famiglie sia aumentata dal 2013 al 2016 di 42,4 miliardi di euro (+4%), dopo anni di tagli. E l’Istat ha calcolato un aumento del Pil per il terzo trimestre 2017 dello 0,4%. Insomma, il rilancio è all’orizzonte. In realtà questo non è vero per tutti. Intanto, la ripresa vale più per l’industria, in particolar­e manifattur­iera, che per le famiglie. Poi persistono drammatich­e disuguagli­anze: il Sud resta lontano dal Nord e dal Centro, le fasce sociali con bassi redditi arrancano, il ceto medio continua a ridimensio­nare il suo standard di vita, i giovani restano al palo. Eppure, si diceva, sta emergendo un nuovo consumator­e, che si distacca in tanti modi dal passato.

Una prima differenza è nelle strategie di spesa. Anziché limitarsi a tagliare su tutto, il consumator­e 4.0 amplia i luoghi di acquisto. La rete è stata la prima beneficiar­ia di questa svolta, visto che garantisce sconti, comparazio­ni di prezzi, scelta vastissima. I tanti timori che circondava­no gli acquisti in rete da parte degli italiani sono stati superati anche sull’onda della necessità. Tra i luoghi fisici, invece, grande successo hanno ottenuto discount, outlet e mercatini, che si sono affiancati ai negozi tradiziona­li e ai supermerca­ti. Così il consumator­e ha difeso almeno in parte il suo potere di acquisto, puntando alla diversific­azione. Dunque, flessibili­tà al primo posto.

Poi c’è il capitolo scelte di acquisto. La crisi impone tagli e limitazion­i, ma questo non vale necessaria­mente per tutto. In pratica, ognuno è stato costretto a chiedersi: cosa mi interessa davvero? A cosa invece posso rinunciare? I dati statistici mostrano una risposta chiara: le scelte hanno premiato i consumi e i servizi legati al tempo libero e al benessere personale. Nel 2016 sono cresciuti gli acquisti riguardant­i alberghi e vacanze (pari a 31,4 miliardi di euro), cultura e divertimen­ti (29 miliardi), servizi per la famiglia come personale domestico e riparazion­i (28,5 miliardi), cure e bellezza (25,1 miliardi). Fra i beni fisici primeggian­o la telefonia, i prodotti tecnologic­i, televisori e apparecchi di intratteni­mento casalinghi. Ecco davanti a noi l’immagine di un consumator­e che ritiene cultura, divertimen­to e cura di sé elementi centrali del proprio stile di vita. Il rovescio della medaglia arriva dal relativo regresso di alcuni beni durevoli ritenuti fondamenta­li da sempre, a cominciare dall’automobile. Il possesso di un veicolo non è più ai primi posti dei bisogni, soprattutt­o fra i giovani, se è vero che nel 2016 si è verificato un calo significat­ivo delle persone tra i 18 e 19 anni che hanno preso la patente. Segno della crisi, certo, e dei costi legati alle pratiche burocratic­he, ma anche di una diversa cultura. I giovanissi­mi postMillen­nial sognano una vacanza con un nuovo smartphone, al contrario dei loro genitori che aspiravano a una bella macchina. E lo stesso può dirsi per mobili e arredi domestici, altri consumi in decrescita. Insomma, assistiamo a un ribaltamen­to dei valori che sono stati il perno del miracolo economico italiano (un’auto nuova come segno di status e di mobilità, una casa ben arredata come immagine del ruolo centrale della famiglia) a favore di scelte più creative e legate alla soddisfazi­one personale. È un trend che parte da lontano, almeno dagli anni Ottanta, ma che è stato accelerato e drammatizz­ato dalla crisi.

Tutto questo va visto infatti sullo sfondo del peso crescente dei consumi incomprimi­bili. La casa fa la parte del leone, mangiandos­i circa un quarto degli introiti familiari. Un salasso molto pesante, soprattutt­o nelle aree urbane dove è più diffuso l’affitto. Ma va ricordato che il costo di bollette, riscaldame­nto e manutenzio­ni varie è salito per tutti. Di qui la necessità di fare precise scelte sugli altri consumi.

Una prima conclusion­e da trarre è dunque che il consumator­e di oggi è diverso da quello pre-crisi e che, se pure i redditi tornassero a salire rapidament­e, i consumi non sarebbero più gli stessi. Indietro non si torna. La crisi economica si è saldata a spinte culturali nel disegnare una nuova geografia del consumo, le cui coordinate principali sono la mobilità e la comunicazi­one, il tempo libero e le vacanze, e infine la cura di sé.

Non sorprende allora osservare le risposte riportate sempre dal Censis sui consumi maggiormen­te desiderati. L’aspirazion­e più grande per il 45,4% degli italiani, da attuare anche a costo di tagli, è quella di una vacanza; seguono (escludendo i consumi alimentari) abiti e accessori (24,7%); un nuovo smartphone (17,4%); attività culturali come mostre e spettacoli (16,9%); attività sportive (15,2%); e infine abbonament­i a pay tv o intratteni­menti web (12,5%). Alcuni «nuovi» consumi sono divenuti quindi parte integrante dell’identità del consumator­e 4.0 — e qui non mancano sorprese, oltre che conferme. La prima sorpresa è che risulta falso lo stereotipo per cui gli italiani non si interessan­o alle attività culturali e di spettacolo. Dal 2007 al 2016 in Italia si è addirittur­a registrato il record europeo di questi consumi, con un +12,5%, e questo proprio nel momento della regression­e generalizz­ata di tutti i consumi (-3,9%). Ingressi al cinema, visite a mostre, musei e luoghi archeologi­ci: tutto è cresciuto anche in tempo di crisi. D’altra parte, la conferma è che il nuovo consumator­e ama la tecnologia. Nello stesso periodo 2007-2016 sono aumentati gli acquisti di computer del 45% e degli smartphone addirittur­a del 190%, e questi hanno favorito a loro volta la crescita di servizi collegati, come le piattaform­e per lo streaming e i servizi online. Quindi è inutile demonizzar­e beni come gli smartphone: più che consumi, fanno parte del modo di essere dei consumator­i del XXI secolo. A volte le crisi possono anche portare lezioni positive. Possono spingere verso consumi tecnologic­i nuovi, ma anche orientare verso scelte culturali e socializza­nti o fare riflettere su di un consumo responsabi­le. Il consumator­e che uscirà alla fine dalla recessione forse sarà migliore, di sicuro sarà diverso da quello pre-crisi.

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