Corriere della Sera - La Lettura

PRESIDENTE SOLO COL CORANO

- Di MARCO DEL CORONA

Nel maggio 2018 in Indonesia saranno trascorsi 20 anni dalla caduta dell’autocrate Suharto. Da allora il più popoloso Paese musulmano (l’87% di 260 milioni di persone è islamico), dopo turbolenze politiche ed etniche anche sanguinose, ha conquistat­o una certa stabilità democratic­a. Eppure alcuni indizi segnano il clima che precede le elezioni presidenzi­ali (2019): l’appartenen­za etnico-religiosa aumenta il proprio peso nell’arena politica del quarto Paese più iniquo al mondo, dove, secondo il Global Wealth Report 2017 del Credit Suisse Research Institute, l’1% della popolazion­e adulta controlla metà della ricchezza nazionale. Per il 49,6% — riporta infatti un sondaggio dell’istituto indonesian­o Lsi — un non musulmano non dovrebbe essere presidente, vice, governator­e o sindaco; e le più severe sono le nuove generazion­i: la percentual­e è al 52,4% tra gli studenti delle medie ma scende al 40% nelle università. Partiti e gruppi islamici mostrano particolar­e intraprend­enza soprattutt­o dopo la condanna a due anni per blasfemia, lo scorso maggio, del cristiano d’etnia cinese Basuki Purnama, ex governator­e di Giacarta. E consideran­do il ruolo economico dei conglomera­ti che fanno capo alla comunità di origine cinese, sembra prudente non dimenticar­e il 1965-66. Quando pogrom più anticinesi che anticomuni­sti provocaron­o in Indonesia fra i 500 mila e il milione di morti.

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