Corriere della Sera - La Lettura

Il salto fatale del banchiere comunista

- Dalla nostra inviata a Buenos Aires ALESSANDRA COPPOLA

Papà ordinava camembert e cantava Bella ciao, tifava Independie­nte, adorava gli scacchi, parlava di politica alla radio con uno pseudonimo, possedeva una banca, ma era comunista. Chi era Jorge Sivak e perché nel primo pomeriggio del 5 dicembre 1990 si è ucciso gettandosi da una finestra del palazzo di famiglia? «Al principio — annota Martín Sivak — volli saperlo come chi risolve un’equazione o le parole crociate. Mia madre dava la colpa ai parenti per averlo abbandonat­o. Horatio, il fratello scienziato, sosteneva che era stata l’imperizia degli psichiatri. Il suo amico Daniel Viglietti scrisse che il sistema capitalist­a mangia le brave persone. (…) Mi rassegnai a non trovare una risposta definitiva». Nella vana ricerca di un figlio giornalist­a e scrittore si forma il libro che è il caso dell’anno in Argentina, commovente e lucido, memoir, album di famiglia, ricostruzi­one di un pezzo di storia recente e lacerante. El salto de papá (Seix Barral, pp. 312, pesos 319) è uno strazio privato — Martín aveva 15 anni nel ’90 — e una riflession­e pubblica, attraverso gli anni Settanta della dittatura e dell’esilio (sebbene in questo caso dorato); le contraddiz­ioni dell’alta borghesia sudamerica­na; il rientro in una fragile democrazia; il dramma del sequestro e dell’uccisione dello zio Osvaldo, ad opera di una banda di poliziotti, il «Caso Sivak», che ha sconvolto una famiglia, ma anche segnato un intero Paese ancora tormentato dai fantasmi del regime.

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