Corriere della Sera - La Lettura
Il salto fatale del banchiere comunista
Papà ordinava camembert e cantava Bella ciao, tifava Independiente, adorava gli scacchi, parlava di politica alla radio con uno pseudonimo, possedeva una banca, ma era comunista. Chi era Jorge Sivak e perché nel primo pomeriggio del 5 dicembre 1990 si è ucciso gettandosi da una finestra del palazzo di famiglia? «Al principio — annota Martín Sivak — volli saperlo come chi risolve un’equazione o le parole crociate. Mia madre dava la colpa ai parenti per averlo abbandonato. Horatio, il fratello scienziato, sosteneva che era stata l’imperizia degli psichiatri. Il suo amico Daniel Viglietti scrisse che il sistema capitalista mangia le brave persone. (…) Mi rassegnai a non trovare una risposta definitiva». Nella vana ricerca di un figlio giornalista e scrittore si forma il libro che è il caso dell’anno in Argentina, commovente e lucido, memoir, album di famiglia, ricostruzione di un pezzo di storia recente e lacerante. El salto de papá (Seix Barral, pp. 312, pesos 319) è uno strazio privato — Martín aveva 15 anni nel ’90 — e una riflessione pubblica, attraverso gli anni Settanta della dittatura e dell’esilio (sebbene in questo caso dorato); le contraddizioni dell’alta borghesia sudamericana; il rientro in una fragile democrazia; il dramma del sequestro e dell’uccisione dello zio Osvaldo, ad opera di una banda di poliziotti, il «Caso Sivak», che ha sconvolto una famiglia, ma anche segnato un intero Paese ancora tormentato dai fantasmi del regime.