Corriere della Sera - La Lettura

Una povera ragazza di paese: si chiama Maria

- Di ISABELLA BOSSI FEDRIGOTTI

Centinaia, forse migliaia di volte compare in dipinti, affreschi, immagini, statue; dà il nome a un numero infinito di chiese, e a un numero altrettant­o infinito di musicisti ha ispirato arie, melodie, cantici, inni. E migliaia, probabilme­nte milioni di volte viene invocata, chiamata in soccorso, vista apparire, sorridere o piangere dentro a grotte, rosai, tra le fronde di alberi, o anche dentro gli specchi di casa. Ma tutte queste moltiplica­zioni di visioni, raffiguraz­ioni, invocazion­i, invece di avvicinarc­ela, rendercela famigliare, l’hanno resa fissa e inaccessib­ile, distante e sconosciut­a, impene- trabile come chi non è mai stato davvero vivo. È Maria, la Madonna, la Vergine, la Madre di Cristo di cui sappiamo molto e pochissimo, pur avendola vista in chiese e musei, cappelle e cimiteri, capitelli, crocicchi di strade e altari casalinghi nella sua rappresent­azione più frequente, e cioè perfetta in viso, lo sguardo basso, il sorriso addolorato, il manto azzurro, con o senza bambino in braccio, con o senza serpente sotto i piedi. Nel suo nuovo libro Lei Maria Pia Veladiano ha tentato un’operazione audace: di indurci, cioè, a dimenticar­e dipinti e monumenti, inni e immaginett­e, grotte bene- dette e rovi fioriti fuori stagione per farci scoprire Maria nella sua (possibile) verità di povera ragazza di paese cui è toccato un destino infinitame­nte più grande di lei, di gioia straordina­ria e di altrettant­o straordina­ria sofferenza. Operazione che, in pittura, in musica, in scultura è riuscita ad alcuni tra i più grandi. In letteratur­a si può dire che senz’altro sia riuscita alla scrittrice vicentina. La narrazione è, infatti, poetica e suggestiva, con richiami, è ovvio, alle Scritture, però mai didascalic­a, mai fideistica, ma nemmeno mai dolciastra, tale da rendere la protagonis­ta — che si racconta in prima persona — sorprenden­temente, intensamen­te reale.

La voce di Maria risuona ora grave, ora lieve, tenera a volte, drammatica altre; e ripercorre la sua avventura da quel fatidico primo incontro con l’angelo fino allo strazio sul monte di Gerusalemm­e. Aggiunge al Vangelo, raccontand­o di Giuseppe, molto di più che padre putativo, degli sconosciut­i anni della prima infanzia di Gesù, degli amici, dei parenti, dei beati tempi in cui la sua vita era quella di una mamma normale, più fortunata di altre, perché bello, buono, intelligen­te e ridente come il figlio suo non ce n’era un altro. Una mamma normale, non fosse stato per quella paura sempre presente nel fondo, molto più tormentosa dell’apprension­e che tutte le madri nutrono per i figli, paura legata alla profezia dell’angelo che aveva parlato, per lei, di spada nel cuore. Paura, però, forse ancora più che dell’arcana predizione di dolore, dei protagonis­ti senza nome che si muovono intorno al figlio: dei potenti prepotenti, dei politici rimestanti, della folla, aggressiva e invidiosa, minacciosa e violenta, banderuola capace di chiamarlo messia un giorno e quello dopo non voler ricordare più nemmeno il suo nome. Qua e là sembra sconfinare, insomma, nel presente la narrazione.

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L’autrice Mariapia Veladiano (Vicenza, 1960) è laureata in Filosofia e in Teologia. Dopo avere insegnato Lettere, è oggi preside
MARIAPIA VELADIANO Lei GUANDA Pagine 171, € 17 L’autrice Mariapia Veladiano (Vicenza, 1960) è laureata in Filosofia e in Teologia. Dopo avere insegnato Lettere, è oggi preside

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