Corriere della Sera - La Lettura
La realtà aumentata rifà l’arredo urbano
Si chiama «Creator edition» e non è un caso: qualche giorno fa una startup della Florida, Magic Leap, ha presentato i propri visori per la realtà aumentata. Supportati da un computer tascabile, ribattezzato Ligthpack, e da controller di movimento, gli occhiali dall’aspetto cyberpunk promettono dal 2019 di cambiare il nostro modo di guardare il mondo. Questa è la augmented
reality, o Ar: l’arricchimento della percezione umana attraverso informazioni digitali combinate all’ambiente. Per farla facile, la capacità di corredare quel che ci circonda con qualsiasi informazione audiovisiva ci aggradi o serva di più. Un modo per renderci anche creatori di quel che osserviamo. Con previsioni che ne stimano il mercato sugli 83 miliardi di dollari entro 4 anni, è significativo che oggi la realtà aumentata coinvolga tutti i colossi tecnologici. Più interessanti sono però gli orizzonti che anche aziende minori, come la californiana Meta, promettono di ampliare: lo dimostrano le applicazioni architettoniche di designer come Keiichi Matsuda, attraverso le quali chiunque potrà riconfigurare l’arredo urbano oppure condividerne servizi aggiuntivi anche
home made, o gli usi medici e didattici. Si immagini di condurre un esperimento con altri scienziati senza che nessuno lasci la propria scrivania. Non sarà solo il nuovo film di Steven Spielberg ( Ready Player One, annunciato per marzo e dedicato agli universi sintetici: nella foto): fra qualche anno potrebbe essere realtà. Aumentata.