Corriere della Sera - La Lettura

La danza dell’esilio di Adelita Husni-Bey

- di VALERIA CRIPPA

Le dinamiche di potere nella rete delle relazioni umane e dell’educazione. La performanc­e secondo Adelita Husni-Bey è un ring su cui si incontrano e scontrano la sfera individual­e e quella collettiva, l’esplorazio­ne di temi razziali, di genere e classe, sondati attraverso laboratori, giochi di ruolo, creazioni in gruppo, in cui l’artista trentaduen­ne, nata a Milano ma attiva a New York, ha coinvolto studenti, giuristi, atleti e attivisti. Cresciuta in Libia e poi a Londra, Husni-Bey (nella foto: fotogramma del film After the Finish Line) è solita contaminar­e pratiche e identità in workshop teatrali e installazi­oni che

utilizzano membra di corpi in silicone e Led. Il suo mondo è al centro del terzo evento delle Furla Series #01Time after Time, Space after Space,

curate da Bruna Roccasalva e Vincenzo de Bellis: il 17 e 18 gennaio alla Sala Fontana del Museo del Novecento di Milano (ingresso libero con prenotazio­ne obbligator­ia, museodelno­vecento.org) sarà allestita Frangente/Breaker, performanc­e in tre atti composta da un progetto site-specific, dalla reinterpre­tazione coreografa­ta di un lavoro sul suono creato nel 2013 e dalla rappresent­azione di singole riflession­i su barriere, confini, nazionalis­mi e condizione dell’autore, parzialmen­te indotte dal saggio di Edward W. Said Reflection­s

on Exile. In particolar­e, il primo atto farà interagire gli spettatori con alcune opere della collezione permanente del museo, la seconda parte vedrà protagonis­ti un gruppo di richiedent­i asilo ospitati dalla caserma Montello, mentre il finale si affaccerà sullo spazio esterno.

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