Corriere della Sera - La Lettura
Frankenstein e del Toro: il fascino del mostro
Mary Shelley raccontata da Frankenstein nella biografia illustrata (in versi) dell’americana Lita Judge. Un ricco processo creativo ha dato alla luce un’icona da duecento anni installata nel nostro immaginario
«Mary è morta da quasi duecento anni./ Il suo cadavere riposa nella tomba,/ ma il suo spirito sussurra in eterno/ attraverso di me, la sua creatura./ Sono io/ che tengo viva la sua fede». La nascita di un mostro è la nascita di una scrittrice, Mary Shelley. L’idea che uno dei capolavori della letteratura moderna sia stato concepito in una notte tempestosa del giugno 1816 a Villa Diodati, sul lago di Ginevra, nel famoso certame in cui Byron sfidò lei e gli altri amici (Percy Bysshe Shelley, John William Polidori e Claire Clairmont) a scrivere una storia di fantasmi, può sembrare soltanto una leggenda romantica. E per certi versi lo è. Shelley, che di Mary era diventato il marito, mise certamente mano alla revisione ma Frankenstein c’era già prima di Frankenstein. Era nella mente della sua autrice, nella sua vita libera, nella sua formazione controcorrente. Le idee alla base di quel romanzo venivano dalle conferenze a cui Mary (figlia della filosofa Mary Wollstonecraft, antesignana del femminismo, morta dieci giorni dopo averla messa al mondo, e del pensatore anarchico William Godwin) aveva assistito, dalle sue letture, dalle discussioni con gli amici letterati, dagli esperimenti di galvanismo che aveva visto fare sui cadaveri dei prigionieri giustiziati nel carcere di Newgate.
Mary Shelley crea il primo romanzo di fantascienza dell’età industriale e, nello stesso tempo, il primo «scienziato pazzo» della storia, ma nei 200 anni trascorsi la Creatura ha generato figli e figliastri, soprattutto cinematografici, ha occupato l’immaginario di generazioni e superato in fama la Creatrice. Lita Judge, autrice e illustratrice americana, ha deciso di raccontare ai ragazzi l’opera di Mary Shelley mettendo in luce il processo intellettuale che ne è alla base e ricercando nella storia del mostro quella della sua autrice, a partire dal fatto che entrambi non hanno la madre. Anzi è la Creatura — anonima come anonimo era il volume uscito il 1° gennaio 2018 (Viktor Frankenstein è lo scienziato che lo assembla) — a raccontare Mary, in una decisiva inversione di ruoli che suona quasi come un risarcimento. «Erano in tanti a non credere che fosse stata Mary Shelley, poco più che adolescente, a scatenarmi: una Creatura così potente e assassina da perseguitarli nei sogni», la presenta Frankenstein.
Mary e il mostro (il libro esce negli Stati Uniti il 30 gennaio, in Italia il 2 febbraio) non è una biografia e Lita Judge non è una studiosa, anche se al libro ha lavorato anni. La sua è una fantasia visiva, un’allegoria femminista che, sulla base delle lettere e dei diari dove la scrittrice annotava la sua vita descrivendo i libri che lei e Shelley leg- gevano, i viaggi che facevano, gli argomenti di cui discutevano, intende restituirle un ruolo. Per allontanarsi il più possibile dalla narrazione classica destinata ai lettori
young adult — biografie un po’ semplificate che colgano elementi di modernità nella vita di chi si racconta — e onorare lo spirito rivoluzionario di Mary Shelley, Lita Judge sceglie una forma ibrida, coraggiosa. Ne fa una biografia in versi liberi, con illustrazioni dal grande impatto, combinazione di matita, acquerello, inchiostro e digitale, dove il bianco e nero rende appieno la necessità della storia.
L’autrice separa il mondo realistico in cui Mary viveva dal suo mondo immaginativo e usa le illustrazioni per dare verità al suo lavoro. Sottolinea il fatto che in un mondo conservatore Mary sia stata un’adolescente capace di rifiutare radicalmente le norme sociali dei suoi tempi, pagandone un prezzo molto alto.
Spesso raffigurata come una moglie aristocratica, in realtà Mary era cresciuta povera, accanto alla forca della prigione e ai macelli del bestiame. «Le ragazze dovevano essere gentili/ e obbedire alle regole./ Le ragazze dovevano essere silenziose/ e ingoiare punizioni e dolore./ La bandirono dalla società perché amava un uomo sposato./ Gli amici la oltraggiarono, / il padre la cacciò di casa» riassume, nel prologo, la Creatura prima di lasciare la parola a Mary. Lei, ricorda Lita Judge, parlava spesso del romanzo come del suo «pargolo»: «Mi concepì. Presi forma come un neonato», conferma la Creatura.
Il Frankenstein di Lita Judge bypassa completamente la Creatura così come l’ha proposta il cinema negli anni, mentre la sua Mary Shelley è una ragazza piena di idee sulla politica, la letteratura e l’amore. Nelle nove parti in cui è strutturato il libro, un tributo ai nove mesi che Mary impiegò per scriverlo, la scrittrice racconta sé stessa, a partire dall’infanzia con una matrigna che la maltratta. A 16 anni si innamora di Percy Shelley, già sposato, fuggono in Francia, hanno una figlia che muore pochi giorni dopo la nascita («Ho diciassette anni/ E sono già / figlia di uno spettro/ e madre di un pugno d’ossa»), si sposano dopo il suicidio della moglie di lui, Harriet. La Judge seleziona gli elementi della vita di Mary che ritiene necessari: racconta l’amore pazzo e disperato per il marito («D’improvviso la mia vita con Shelley/ è un movimento terribile,/ senza mai trovar casa,/ solo correre,/una corsa senza fine») ma non il matrimonio perché, spiega nella nota finale, in una lettera Shelley lo descrive come insignificante e Mary nel diario registra la data sbagliata. Ci sono i figli perduti, il difficile rapporto con la sorellastra Claire Clairmont (che, forse, ebbe una relazione con Shelley) ma anche con il padre che disapprova il rapporto con il poeta ma allo stesso tempo è pronto a chiedere loro soldi quando viene a sapere che Shelley ha avuto un’eredità. C’è il fantasma di Harriet che aleggia sul matrimonio, il periodo passato in Italia e la casa nel golfo di Lerici. Fino alla redenzione: nel 1823, quando rientra a Londra, sui palcoscenici inglesi sono già stati allestiti cinque adattamenti di Frankentein. L’anno dopo verrà rappresentato in Francia e poi farà il giro del mondo. «Mi sento riscattata. La mia creazione è sulla soglia dell’immortalità».