Corriere della Sera - La Lettura
Il digitale ha perso il testo
Anche l’e-taliano cambia. Eravamo preoccupati per i termini imposti da internet, poi per la grafia stravolta e la brevità: non ci siamo accorti che la vera rivoluzione portata dai nuovi media (che tanto nuovi, ormai, non sono) investe l’idea alla base della scrittura «solida». Che fare? Non tenere gli smartphone fuori dalla scuola, ma usarli per tutelare un’eredità culturale minacciata
La lingua cambia e si porta via le nostre certezze. Un tempo, se dicevi Bot, pensavi al piccolo risparmiatore che investiva in Buoni ordinari del tesoro. Oggi pensi alla voce dell’assistente digitale che esce all’improvviso dal tuo telefono: «Non ho capito quello che hai detto!». Forse, tra qualche anno, per italiano telematico non s’intenderà più quello prodotto da noi umani, ma dalle intelligenze artificiali (roBot, appunto) che cercano di dialogare con noi.
Già ora, comunque, possiamo ben dire che l’e- taliano non è più quello di una volta. All’inizio l’attenzione si era soffermata soprattutto sul vocabolario, sulle nuove parole portate dai computer e da internet. Poi ci si era concentrati sulla grafia: su quelle abbreviazioni che sembravano così pericolose e adesso sono passate di moda. Infine, sulla brevità quasi telegrafica delle frasi e sul suo presunto legame con i limiti di spazio.
Oggi è evidente che la vera rivoluzione portata dai cosiddetti «nuovi media» (non più così nuovi, in verità) è quella che investe l’idea stessa di testo. È questa la dimensione in cui cercare, come fa Massimo Palermo in un suo libro recente, le caratteristiche dell’Italiano scritto 2.0. Anche se la rivoluzione non riguarda solo l’italiano. Anzi: trattandosi di un fenomeno internazionale, può essere riassunta a partire da cinque parole inglesi.
Smart. Era digitale, ora è multimediale
L’era digitale è stata quella del ritorno alla scrittura. Il dominio dell’oralità secondaria (quella del telefono, della radio, della tv) è stato messo in crisi da internet e dalla mutazione tecnologica del telefono. Nel giro di pochi anni, siamo diventati tutti graforroici: blog, chat, e-mail e soprattutto messaggini. «Con il telefonino non assistiamo a un trionfo dell’oralità — scriveva Maurizio Ferraris nel 2005 — bensì della scrittura». Solo che al telefonino si è presto sostituito lo smartphone: il sorpasso è avvenuto in Italia nel 2014. Il testo ha ricominciato a perdere terreno rispetto alle immagini: dello stesso 2014 è il sorpasso di Instagram su Twitter. E anche rispetto all’oralità, grazie alla fortuna sempre maggiore dei messaggi vocali introdotti da Whatsapp nel 2013. Come Raffaele Simone aveva previsto vent’anni fa, al paradigma platonico della scrittura (durato per