Corriere della Sera - La Lettura
Poi vinsero l’aberrazione e il kitsch sacro
Dalí un grande
Quando un mio amico mostrò a Dalí un quadro dipinto dal mio scimpanzé Congo, il pittore lo osservò con attenzione e poi sentenziò: «La mano dello scimpanzé è quasi umana; la mano di Jackson Pollock è in tutto e per tutto quella di un animale». Si trattava di un’osservazione acuta, perché lo scimpanzé si era certamente sforzato di ottenere un qualche ordine dalle linee tracciate sulla carta e creare una forma primitiva di composizione, mentre Jackson Pollock distruggeva deliberatamente ogni tipo di struttura per creare un’immagine totale e uniforme.
Il commento di Dalí la dice lunga sul modo in cui si era sviluppato il Surrealismo dalla sua nascita nel 1924. Nel primo manifesto Breton lo definì come «automatismo psichico puro», un concetto che si addice perfettamente a ciò che faceva Pollock quando picchiettava il colore sulla tela. Secondo questa definizione il pittore americano sarebbe il surrealista per antonomasia mentre Dalí, in confronto, apparirebbe più che altro come un grande maestro del passato. Ma per quanto il pittore spagnolo usasse una tecnica accademica, le sue immagini erano tutt’altro che convenzionali: egli apparteneva a quella speciale categoria di surrealisti che dipingevano in modo tradizionale, ma vivevano il momento di irrazionalità creativa surrealista prima di realizzare l’opera, quando un’idea inconscia e del tutto illogica gli attraversava la mente.
Dalí fu, senza ombra di dubbio, il più abile e il più compiuto dei surrealisti. Nei suoi primi lavori dimostrò anche di possedere la fantasia e l’inventiva più cupe. Purtroppo, dopo essere stato espulso dal movimento da Breton, finì con il perdere la strada e alcune delle sue opere più tarde possono essere descritte come nient’altro che kitsch religioso. Divertendosi a fare il matto in pubblico, inoltre, riuscì a farsi conoscere da una vasta platea e a diventare il più famoso dei surrealisti, al punto che una volta arrivò persino a dichiarare: «Il Surrealismo sono io».
Le sue ultime aberrazioni, tuttavia, non devono far dimenticare che all’inizio Dalí firmò alcuni tra i più grandi dipinti surrealisti mai realizzati. ( traduzione di
e
Irene Inserra Marcella Mancini)