Corriere della Sera - La Lettura

Il rito dei fratelli aratori che riconsacra­va i campi

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Iriti confratern­ali della Roma arcaica mostrano ancora i segni evidenti dell’antico culto dei morti. Fondati da Romolo primo re di Roma, i Fratelli Arvali personific­ano i dodici figli di Acca Larenzia, madre dei Lari: null’altro che antenati deificati. Arvum in latino è il campo arato e compito specifico degli Arvali — gli «aratori» — è la periodica riconsacra­zione degli arva con un rito primaveril­e detto Ambarvalia. Un’iscrizione del 218 d.C., conservata ai Musei Vaticani, ci offre uno straordina­rio resoconto di questo rito in cui si intonava una preghiera antichissi­ma che nessuno era più in grado di capire: questa era detta carmen arvale ed è una delle testimonia­nze più antiche della lingua latina. Il rito dell’aratura per finta, talora inscenato insieme a nozze burlesche, è peraltro ancora oggi parte integrante della mascherata carnevales­ca in area europea, dai kukeri bulgari al plugusorul romeno, dall’Egetmann tirolese al Plough Monday inglese (sotto: sarcofago in marmo con il Trionfo di Bacco, Roma, 270 d.C.).

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