Corriere della Sera - La Lettura
Arriva dalla Val Seriana l’araldo Arlechin Batocio
Pregio speciale del Carnevale italiano — scrive l’illustre folklorista ispanico Julio Caro Baroja — è quello di aver dato la parola alle figure ancestrali del rito, trasformandole in personaggi di commedia. Ecco quindi le maschere rituali e quelle burlesche dell’antico rito divenute in Italia simboli identitari cittadini, prender parte a una complessa transizione che le porterà, con la commedia dell’arte, sulle scene di tutta Europa. Tra queste, Arlechin Batocio nasce in alta Val Seriana sulla montagna bergamasca, essendo null’altro che uno dei tanti araldi biancovestiti di cui si fregia la tradizione carnevalesca alpina, e che si chiamano appunto lachè o arlechini. Come tanti suoi compaesani andrà a Venezia, portandosi dietro il suo costume bianco e fiorito, a fare il facchino o il domestico. Lì incontrerà un acrobata mantovano, Tristano Martinelli (15571630), che lo farà proprio, portandolo sulle scene di Parigi. Tornato a Venezia, dopo poco più un secolo incontrerà Goldoni (sopra: Antonio Donghi, Carnevale, 1923, olio su tela).