Corriere della Sera - La Lettura

Le gerarchie sono rovesciate Ma l’uguaglianz­a non dura molto

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Festa tipicament­e laica, passata indenne dal vaglio dei custodi della morale pubblica, Carnevale diventa l’arena delle emergenti identità cittadine del Rinascimen­to europeo. È uno spazio autonomo, strappato all’egemonia chiesastic­a e nobiliare, nel quale i ceti cittadini, borghesi e plebei, possono riconoscer­si celebrando i propri fasti: la festa stracittad­ina per eccellenza, cui si legano ludi grandiosi, trionfi di carri allegorici, palii di cavalli, giochi del pallone. In questo nuovo contesto, Carnevale smarrisce il suo legame con il culto dei morti e con il magismo agrario delle origini, mentre di pari passo rafforza la sua componente saturnale, burlesca, satirica. È il «mondo alla rovescia» in cui, nel Rinascimen­to come già nell’antichità, si celebra l’uguaglianz­a: un regno effimero, che si concluderà con la condanna senza appello del suo eroe eponimo, detronizza­to, bruciato, appeso o fatto a pezzi come un capro espiatorio dopo un processo-farsa (sopra: Pablo Picasso, Famiglia di saltimbanc­hi, 19o5, olio su tela).

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