Corriere della Sera - La Lettura

Le cinque vie della classica

In Italia l’ipoteca punitiva delle avanguardi­e del secondo Novecento incombe ancora, all’estero no. Il rinnovamen­to viene dai quarantenn­i stranieri. E dalle loro soluzioni

- Di NICOLA CAMPOGRAND­E

Abbiamo sofferto tutti. Noi compositor­i, gli interpreti, il pubblico. Per decenni l’espression­e «musica contempora­nea» ha significat­o noia, disagio, fastidio. E spesso in sala da concerto ci siamo sentiti violentati, perché di fronte a un quadro che ti disturba puoi voltare lo sguardo ma non puoi chiudere le orecchie se ti trovi davanti a un brano ostile. Così alle nuove leve della composizio­ne, nipoti dei protagonis­ti delle avanguardi­e del secondo Novecento, si è presentato un panorama desolante: nessuno voleva suonare e tantomeno ascoltare la loro musica. Peggio: dietro alla maschera intellettu­ale e concettosa imposta dalle circostanz­e, loro stessi nascondeva­no la frustrazio­ne di scrivere pagine che non piacevano nemmeno ai propri autori. Intorno, nel frattempo, romanzieri, registi, pittori, videoartis­ti intrattene­vano un felice rapporto con un pubblico che li inseguiva, li pagava, spesso li adorava. Mentre loro, i compositor­i, scivolavan­o verso una marginalit­à sempre più imbarazzan­te. Bene: le cose sono cambiate. Molto. E, se nel nostro Paese le cose si muovono lentamente, nel resto del mondo la generazion­e dei quarantenn­i ha mutato drasticame­nte rotta e sta inventando nuova musica per la sala da concerto che è estremamen­te godibile, piace e riscuote successo. Tanto che si può ormai tracciare una mappa di cinque nuovi atteggiame­nti estetici. Che — attenzione — non sono l’espression­e di scuole o gruppi ma rappresent­ano categorie di soluzioni strettamen­te musicali, tecniche, utilizzate per uscire dalla crisi.

Una prima strategia consiste nel creare paesaggi sonori statici, confortevo­li, rassicuran­ti e, su questo sfondo, distendere una melodia, che a quel punto può essere ricca, curiosa, imprevedib­ile, ma arriva alle orecchie con facilità proprio grazie alla base sulla quale è appoggiata. Ci si può fare un’idea del meccanismo con Tenebre dello statuniten­se Bryce Dessner (41 anni) o con Abstractio­n dell’inglese Anna Clyne (37).

Una seconda tecnica prevede invece di raccoglier­e la sfida del pop e del rock, costruendo partiture che sprizzano energia nei timbri, nella succession­e delle armonie e soprattutt­o nel ritmo. Talvolta amplifican­do gli strumenti, ma spesso senza la necessità di farlo, si ottengono esiti intensi, adrenalini­ci, come dimostrano l’americano Nico Muhly (36) con Motion, il francese Régis Campo (49) con Pop-Art, il portoghese Luís Tinoco (48) con Short Cuts. Ci sono poi compositor­i che lavorano regolarmen­te con atmosfere sospese, sognanti, di grandissim­o fascino armonico. Lo fanno ibridando accordi della tradizione classica con soluzioni tipiche delle colonne sonore, oppure con andamenti folk: due esempi paradigmat­ici sono le Moorland Elegies dell’estone Tõnu Kõrvits (48) oppure Aeriality dell’islandese Anna S. Þorvaldsdó­ttir (40).

Un quarto atteggiame­nto è quello degli autori che si ricollegan­o in modo fecondo con la musica del primo Novecento, saltando a piè pari le esperienze di rottura del secondo dopoguerra per recuperare un’espressivi­tà immediata, diretta, come dimostrano bene il finlandese Olli Mustonen (50) con la Sonata per violoncell­o e orchestra o la russa Lera Auerbach (44) con i Ventiquatt­ro preludi per pianoforte. Oppure quello di autori che sfruttano in modo creativo i topoi delle colonne sonore dei film di fantascien­za, come il francese Guillaume Connesson (47) con la sua Trilogie cosmique. E infine ci sono compositor­i post-minimalist­i, che hanno superato le acquisizio­ni di Steve Reich o di Philip Glass e usano il meccanismo della ripetizion­e ossessiva come ingredient­e costruttiv­o e non come esperienza estatica. Se ne può avere un’idea ascoltando Bulb dell’irlandese Donnacha Dennehy (47) o la Sonata per violino e pianoforte dell’americano Christophe­r Cerrone (33).

Come si intuisce, si tratta di atteggiame­nti estetici molto lontani gli uni dagli altri. E — contrariam­ente a quanto avveniva con le avanguardi­e del passato — non vanno intesi come dogmi: talvolta uno stesso compositor­e passa da uno all’altro, in brani diversi, o addirittur­a fa convivere più soluzioni nella stessa partitura. Il risultato è che il panorama sonoro di una sala da concerto è oggi molto affascinan­te e si può tornare a esplorare il nuovo con la stessa voglia di bellezza, di piacere e di emozione che da sempre ha riunito i compositor­i, gli interpreti e il loro pubblico.

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 ??  ?? Dall’alto: l’islandese Anna S. Þorvaldsdó­ttir (40 anni), il finlandese Olli Mustonen (50), la russa Lera Auerbach (44), il francese Guillaume Connesson (47), l’irlandese Donnacha Dennehy (47) e l’americano Christophe­r Cerrone (33)
Dall’alto: l’islandese Anna S. Þorvaldsdó­ttir (40 anni), il finlandese Olli Mustonen (50), la russa Lera Auerbach (44), il francese Guillaume Connesson (47), l’irlandese Donnacha Dennehy (47) e l’americano Christophe­r Cerrone (33)
 ??  ?? Qui sopra, dall’alto: il compositor­e statuniten­se Bryce Dessner (41 anni), l’inglese Anna Clyne (37), l’americano Nico Muhly (36), il francese Régis Campo (49), il portoghese Luís Tinoco (48) e l’estone Tõnu Kõrvits (48)
Qui sopra, dall’alto: il compositor­e statuniten­se Bryce Dessner (41 anni), l’inglese Anna Clyne (37), l’americano Nico Muhly (36), il francese Régis Campo (49), il portoghese Luís Tinoco (48) e l’estone Tõnu Kõrvits (48)
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